mercoledì 1 maggio 2013

LE PROVE DI VALUTAZIONE A SCUOLA

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LE PROVE DI VALUTAZIONE A SCUOLA

Il termine “valutazione” deriva dal latino valitus, participio passato di valere, avere prezzo, stimare, dare un prezzo.
In senso etimologico dunque la valutazione è il processo attraverso il quale si attribuisce valore a un oggetto, un’azione o un evento. L’attività di valutare, quindi, è quella con cui le persone (singoli, gruppi, comunità, istituzioni) esprimono un giudizio riguardo a un fatto rilevante e significativo. È la ricerca docimologica che, fin dal principio del Novecento, studia i metodi con cui vengono espressi i giudizi di valutazione al fine di controllarne l’attendibilità dal punto di vista concettuale, metodologico e tecnologico. Il concetto di valutazione si è quindi evoluto con lo sviluppo delle diverse teorie relative ai processi di apprendimento e al curricolo. Fino ad oggi è stato influenzato soprattutto da due approcci teorici.
Il primo è quello funzionalista, introdotto da R. W. Tyler, sorto dalla necessità di abolire pratiche didattiche fondate sulla casualità, l’improvvisazione, l’ambiguità. Il punto di partenza per una valutazione efficace è stabilire degli obiettivi descritti come comportamenti attesi. A tal fine è rilevante progettare un piano educativo o curricolo, in cui si stabiliscono obiettivi e contenuti. Tale modello ha riscosso un notevole successo, ma tuttavia non sono mancate pesanti critiche. Ad esempio, esso lasciava aperti i problemi relativi ai comportamenti attesi, criticità che Bloom cercò di risolvere introducendo una tassonomia costituita da una serie gerarchica di operazioni mentali (da semplici a complesse) da effettuare nei contenuti appresi (conoscenza, comprensione, applicazione, sintesi, valutazione).
L’altro approccio, sviluppato da Eisner, è quello fenomenologico, secondo il quale è necessario accertare il valore sociale ed educativo di un’azione formativa. L’individuo viene considerato un soggetto attivo che non può essere modellato nei suoi comportamenti dettati dai bisogni, potenzialità che interagiscono con l’ambiente. L’obiettivo dell’individuo è realizzare il proprio potenziale che si può anche costruire al momento, attraverso una pratica educativa che si fa arte di qualcosa di emergente. In quest’ottica non avrebbe senso prevedere dei comportamenti finali, in quanto l’individuo deve imparare a fare scelte proprie attraverso esperienze educative legate alla qualità della vita. Per Eisner il compito dell’educazione sarebbe duplice: da un lato garantire l’acquisizione di abilità per far fronte alle esigenze dei contesti economici e socio-culturali; dall’altro permettere agli individui di costruire la propria interpretazione della realtà. Si tratta quindi di una valutazione di tipo qualitativo, che presuppone la soggettività e la rinuncia alla pretesa di distacco.
Se fino agli anni Settanta, i due orientamenti, quantitativo e qualitativo, sembravano inconciliabili, oggi nella ricerca educativa prevale l’approccio che unifica i due metodi, adeguando gli strumenti al contesto e costruendoli partendo dall’esperienza.
L’oggetto della valutazione è l’apprendimento, scopo principale del sistema scolastico stesso, che coinvolge l’individuo non solo nella sfera cognitiva e meta-cognitiva, ma anche in quella emotiva ed affettiva (aspetti quantitativi e qualitativi).
Le variabili da cui dipende sono sostanzialmente due: lo stile di insegnamento e lo stile di apprendimento; dalla loro interazione scaturisce l’apprendimento che perciò assume un forte connotato sociale.
La valutazione, come processo complesso e continuo, ha lo scopo non solo di comprendere il livello di apprendimento raggiunto dai discenti, ma di verificare l’efficacia dell’intervento didattico-educativo ed eventualmente attivare interventi di miglioramento.
A tal fine si deve convergere sui principi teorici di fondo e sugli scopi del giudizio di valutazione espresso (perché si valuta?); vanno definiti i momenti della valutazione (quando si valuta?); per giungere infine a scegliere i percorsi metodologici della valutazione (come si valuta?). Le risposte a queste domande costituiscono nel loro insieme il nodo della valutazione.
Diversi momenti di valutazione durante il percorso formativo consentono di monitorare costantemente il processo di apprendimento. Possiamo individuare tre fasi del percorso (iniziale, intermedia e finale), a cui corrispondono strumenti di misura distinti in base agli specifici obiettivi.
La valutazione diagnostica consente di raccogliere informazioni sulle conoscenze iniziali, al fine di tarare il percorso formativo, individuando lo stile cognitivo del discente.
La verifica intermedia consente di prendere coscienza dei progressi ottenuti e delle eventuali criticità. Progettando dei test formativi si consente agli allievi di comprendere a che punto del percorso sono arrivati e di ottenere un riscontro sugli obiettivi intermedi raggiunti. Anche l’insegnante beneficia di un importante strumento di monitoraggio che gli consente di effettuare eventuali aggiustamenti rispetto agli obiettivi prefissati.
La valutazione finale, per essere veramente efficace, deve confrontarsi con i risultati della valutazione diagnostica e formativa, al fine di cogliere l’effettivo cambiamento nel sistema di conoscenza del discente.
La costruzione di un sistema di valutazione è strettamente legato agli obiettivi prefissati.
Ogni obiettivo dovrebbe essere formulato in termini di comportamento osservabile e quindi oggetto della misurazione saranno comportamenti e relazioni tra comportamenti.
Un obiettivo complesso verrà suddiviso in diversi sotto-obiettivi, che saranno oggetto di un sistema di misurazione. A tal fine si stabilisce una scala di misura (ad esempio, in centesimi). Per ciascun obiettivo si stabilisce inoltre il numero di prove da realizzare e la tipologia più appropriata.
Si ricorre generalmente a due macro-tipologie di prove:
  1. prove strutturate, caratterizzate da uno stimolo chiuso e da una risposta chiusa;
  2. prove semi-strutturate, caratterizzate da uno stimolo chiuso e da una risposta aperta.
Ci stiamo quindi riferendo a prove standardizzate di valutazione ovvero prove oggettive di profitto. Secondo Domenici "possono dirsi oggettive quelle prove che consentono di predeterminare, rispetto al momento della loro somministrazione, e senza dar adito alla pur minima ambiguità interpretativa, l'esattezza delle risposte". Rientrano in questa tipologia i quesiti (a risposta libera o a risposta fissa); gli item a risposta fissa che, in base alla modalità della risposta, si distinguono in vero o falso, completamenti, corrispondenze, scelte multiple.
Le prove tradizionali (ad esempio l’interrogazione orale) rispetto a quelle oggettive presentano diversi aspetti di criticità: il giudizio è soggettivo, l’interpretazione delle domande e delle riposte è soggettiva e non univoca, è impossibile predeterminare in modo univoco il punteggio. Per le prove strutturate, invece, possiamo predeterminare il punteggio in modo indipendente dal correttore, il giudizio è oggettivo e consentono la verifica frequente del livello di apprendimento.
Domenici mette in evidenza che nelle prove tradizionali il giudizio del docente valutatore può essere influenzato anche da fattori psicologici emotivi, che producono i seguenti effetti:
-          effetto alone (condizionamento a valutazioni negative o positive precedenti)
-          effetto contrasto (condizionamento a standard ideali di prestazione)
-          effetto stereotipia (condizionamento ad opinione generalizzata originaria)
-          effetto pigmalione (condizionamento dovuto ad aspettative di prestazione)
Nella seguente tabella si mettono a confronto le prove non strutturate e quelle strutturate (tratte dalla presentazione ppt di Michele Baldassarre, Le prove strutturate nella valutazione scolastica, Scuola di Specializzazione per Insegnanti della Scuola Secondaria, Corso di Docimologia, Università degli Studi di Bari, luglio 2006).


PROVE NON STRUTTURATE
PROVE STRUTTURATE
Stimolo ad organizzare
le idee


NO
Consentono di verificare capacità espressive ed abilità di organizzazione delle risposte


NO
Tempo di preparazione della prova

LIMITATO

LUNGO
Tempo di correzione

LUNGO
BREVE
Margine di arbitrarietà

AMPIO
QUASI ASSENTE NELLA MISURAZIONE
Rischio degli effetti che provocano una distorsione del giudizio (effetto di successione, alone, contrasto, stereotipia ecc.)

PRESENTE

NON PRESENTE
Autovalutazione

NON AGEVOLE
AGEVOLE
Verifica del raggiungimento di obiettivi di conoscenza, comprensione ed applicazione

POSSIBILE

AGEVOLE
Verifica di obiettivi di livello superiore (capacità di analisi, di sintesi, di valutazione)

DIFFICOLTOSA MA NON IMPOSSIBILE

AGEVOLE
Campo di conoscenze esaminate

LIMITATO
AMPIO
Obiettivi prevalenti
CAPACITÀ DI ANALISI E DI PROGETTO
CONOSCENZE E CAPACITÀ APPLICATIVE E DI PROBLEM SOLVING
Informazione sulle modalità di ragionamento
DIRETTO
INDIRETTO

La qualità di un’esperienza formativa risiede nella qualità dei processi cognitivi che attiva.
Il problema è quello di accedere al lavoro mentale sotteso alla performance degli studenti. Indagare i processi mentali ai fini di valutare un’attività formativa potrebbe essere ritenuto non necessario: se il percorso mentale è valido avremo un risultato, se non lo è il risultato sarà insufficiente.
Vi sono però dei casi in cui la valutazione basata sul risultato può essere fuorviante. Il risultato potrebbe essere errato o inadeguato, ma il ragionamento seguito potrebbe avere consistenza. Oppure il risultato appare soddisfacente, ma è il frutto di un processo diverso da quello ipotizzato, ad esempio di un processo mnemonico o meccanico e non di un processo di problem solving. Il risultato è solo apparentemente lo stesso. La valutazione si interessa ai risultati, ma saper interpretare i processi ci mette nelle condizioni di distinguere i risultati apparenti e di effetto immediato da quelli validi e duraturi. Se il procedimento seguito in un compito è creativo ed esprime un vero lavoro mentale siamo di fronte all’aspetto dinamico della costruzione di una competenza; se il risultato è corretto, ma è frutto di un processo ripetitivo e conformista, si tratta di un risultato illusorio che deperisce rapidamente.
Negli USA, agli inizi degli anni Novanta, è sorto il movimento della valutazione autentica o alternativa, in contrapposizione critica alla forma di valutazione diffusa di orientamento comportamentista fondata soprattutto su test standardizzati per lo più a scelta multipla.
La prospettiva di una “valutazione alternativa” in sostituzione di quella tradizionale è stata proposta da Grant Wiggins e sta a indicare una valutazione che intende verificare non solo ciò che uno studente sa, ma ciò che “sa fare con ciò che sa” fondata su una prestazione reale e adeguata dell’apprendimento.
Questo approccio nasce dalla constatazione che gli studenti talvolta esprimono risultati soddisfacenti nei test strutturati, ma quando viene loro richiesta una prestazione concreta, basata su quanto hanno appreso, dimostrano una competenza inadeguata. Questo indica come la valutazione di concetti e di fatti isolati non dimostri le reali capacità di ragionamento, di creatività e di soluzione di problemi in situazioni concrete di vita. La proposta che ne consegue è di valutare l’apprendimento non in modi astratti e artificiali, ma con prestazioni creative e contestualizzate.
La valutazione autentica si basa quindi sulla convinzione che l’apprendimento scolastico non si dimostra con l’accumulo di nozioni, ma con la capacità di generalizzare, di trasferire e di utilizzare la conoscenza acquisita a contesti reali.
Si offre così la possibilità agli insegnanti di migliorare il processo di insegnamento e di sviluppare la propria professionalità, mentre gli studenti hanno l’opportunità di autovalutarsi per diventare autoriflessivi e assumere il controllo del proprio apprendimento.
Per accertare il livello di apprendimento raggiunto anche gli strumenti suggeriti sono diversi da quelli tradizionali.
Per realizzare questi obiettivi, la valutazione autentica utilizza l’integrazione di varie strategie, come quelle scritte (portfolio, rubriche, saggi), visive (osservazione diretta durante lo svolgersi della prestazione oppure durante lo sviluppo della conoscenza) e orali (colloquio insegnante-studente) per raccogliere le necessarie informazioni. Si perfeziona inoltre durante il processo di istruzione piuttosto che dopo, e fornisce risultati più diretti che aiutano gli insegnanti a mettere a punto il loro percorso educativo.
Viene così messo in evidenza il valore essenzialmente educativo del processo di valutazione, che non può limitarsi semplicemente a considerare la vicinanza o la lontananza dagli standard attesi.
Le “differenze individuali” in termini di risultati non possono essere trascurate e essere attribuite banalmente a mancanza di impegno personale. Se l’obiettivo della valutazione è verificare il progresso dell’apprendimento, questa dovrebbe essere individualizzata, mantenendo la memoria del passato e del presente in riferimento a un progetto personale di apprendimento comprensivo anche dell’autovalutazione dello studente.

BIBLIOGRAFIA

- Gaetano Bruno Ronsivalle, Simona Carta, Vanessa Metus (a cura di), L’arte della progettazione didattica. Dall’analisi dei contenuti alla valutazione dell’efficacia, Milano, Franco Angeli, 2009.
- Maurizio Lichtner, La qualità delle azioni formative. Criteri di valutazione tra esigenze di funzionalità e costruzione del significato, Milano, Franco Angeli, 2002.
- Mario Comoglio, La valutazione autentica, in Orientamenti Pedagogici, 49(1), 2002, 93-112.
- Gaetano Domenici, Manuale della valutazione scolastica, Bari, Laterza, 2002.
- Grant Wiggins, Assessing student performance: Exploring the purpose and limits of testing, San Francisco, CA, Jossey-Bass, 1993.
- Ralph W. Tyler, Basic principles of curriculum and instruction, Chicago, The University of Chicago Press, 1949.
- Benjamin S. Bloom, Taxonomy of educational objectives, New York, David MacKay, 1956.
- Elliot W. Eisner, Educational objectives: help or hindrance?, in School Review, vol. 75, 1977.

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