domenica 5 maggio 2013

L’EMIGRAZIONE ITALIANA







L’EMIGRAZIONE ITALIANA

Premessa

Le migrazioni hanno lasciato una traccia profonda nell'intera storia italiana e, in epoca contemporanea, esse hanno coinvolto masse imponenti di uomini e donne. Proprio l'elevato numero di persone ha caratterizzato i flussi migratori contemporanei i quali, dalla metà dell'Ottocento sino agli anni Sessanta del Novecento, sono stati alimentati quasi esclusivamente da Italiani che uscivano dai confini nazionali o si muovevano all'interno di essi.
Soltanto dalla fine degli anni Settanta del XX secolo in poi i migranti provenienti dall'estero hanno superato, con una crescita continua e costante, gli emigranti italiani verso l'estero. Tale inversione di tendenza è stata causata principalmente dalle trasformazioni del sistema produttivo e dai cambiamenti sociali registrati sul piano nazionale e internazionale, ma anche dalle crisi economiche, dalle guerre e dai rivolgimenti politici avvenuti anche in zone estremamente distanti dalla Penisola. I flussi migratori, quindi, hanno cambiato in maniera profonda il profilo demografico dell'Italia e, insieme ad esso, hanno modificato la sua struttura sociale, l'economia, la vita politica e culturale, le mentalità e i comportamenti individuali e collettivi.

L'Italia in movimento

La storia degli Italiani (come quella di tutte le popolazioni del pianeta) è stata segnata in profondità dalle migrazioni che hanno trasformato non soltanto il profilo demografico della Penisola, ma anche la sua struttura sociale, l'economia, la vita politica e culturale. In epoca contemporanea i flussi migratori da e per l'Italia hanno assunto alcuni caratteri particolari, tra loro variamente sovrapposti: si è trattato di migrazioni di massa, di migrazioni dalla campagna, di migrazioni permanenti.
Dalla metà del XIX secolo, in particolare, i flussi migratori in partenza dall'Italia subirono una rapida accelerazione (nonostante alcuni periodi di stallo) che, tra il 1861 e il 1970, determinò l'espatrio, temporaneo o definitivo, di circa 27 milioni di individui (con un'emigrazione netta, ottenuta sottraendo il numero dei rimpatriati a quello degli espatriati, di oltre 9 milioni di persone). L'emigrazione ha segnato in modo rilevante numerose zone del Paese, con una forte concentrazione delle partenze nell'Italia nord-orientale e nel Mezzogiorno. A subire i più massicci abbandoni furono le campagne, da cui partirono non soltanto fittavoli e braccianti che prestavano la propria forza lavoro ai proprietari terrieri, ma anche detentori di piccoli appezzamenti di terreno, insufficienti, però, a garantire la sussistenza di famiglie spesso numerose. Nella seconda metà dell'Ottocento, nell'Italia caratterizzata da una tardiva e lenta industrializzazione, gli emigranti si indirizzarono, in una prima fase, soprattutto verso le nazioni europee (Francia e Svizzera, in prevalenza, con un progressivo allargamento delle destinazioni al Belgio, all'Inghilterra e alla Germania) ed extra-europee (soprattutto verso l'America e, in misura minore, l'Oceania). Questa fase si protrasse fino alla metà del Novecento. 
In una seconda fase, i cui estremi sono segnati dalle due guerre mondiali, i flussi migratori per motivi di lavoro diretti verso l'estero registrarono un certo affievolimento dovuto sia agli eventi bellici, sia alle conseguenze delle crisi economiche internazionali, sia ai provvedimenti restrittivi in materia migratoria adottati dalle nazioni che tradizionalmente accoglievano i lavoratori italiani. Durante il Ventennio fascista, però, si registrò un crescente movimento migratorio interno, con spostamenti di popolazione prevalentemente dalle campagne alle città.
Nella terza fase, tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Novecento, gli spostamenti degli Italiani ebbero sempre più come destinazione i centri del "triangolo industriale" del Nord Italia (Torino, Genova e Milano), in cui si concentravano le maggiori industrie del "miracolo economico" della Penisola. Gli ultimi vent'anni del XX secolo registrarono una discontinuità rispetto al passato: a fianco della diminuzione delle migrazioni verso l'estero dei residenti italiani, si avviò un consistente arrivo di immigrati provenienti soprattutto dall'Africa (in particolare dalle zone del Maghreb), dall'Asia, dall'America Latina e dall'Est europeo.

Luoghi di partenza

Le migrazioni italiane della seconda metà del XIX secolo si inseriscono nei grandi movimenti di popolazioni registrati in quel periodo in tutta Europa: insieme soprattutto a Irlandesi, Tedeschi, Polacchi e Belgi, gli Italiani si spostarono da una zona all'altra dell'Europa e oltreoceano per cercare di procurarsi un reddito e sostenere le rispettive famiglie che, spesso, rimanevano nei paesi di origine. In particolare la crisi agraria e la "grande depressione" internazionale, tra il 1873 e il 1896, che colpirono in modo acuto anche l'Italia, alimentarono intensi flussi migratori all'interno del territorio nazionale e, soprattutto, verso l'estero.
Le migrazioni non erano un fenomeno totalmente nuovo per gli Italiani: dalla seconda metà dell'Ottocento, però, assunsero progressivamente dimensioni di massa. Nella prima metà del XIX secolo si erano verificati continui spostamenti lungo la Penisola, soprattutto verso le aree agricole del nord e del centro Italia, ma anche all'interno di alcune zone del sud. Si trattava spesso di migrazioni stagionali, che seguivano l'andamento dei lavori agricoli, rispondendo all'alta richiesta di manodopera che si concentrava da metà primavera a metà autunno e che scendeva drasticamente durante i mesi invernali.
Le migrazioni verso i paesi esteri, che interessavano all'inizio dell'Ottocento soprattutto le aree subalpine, divennero più intense a partire dalla metà del XIX secolo. Dall'Unità d'Italia (1861) al 1870, espatriarono circa 1.210.000 persone, con un'emigrazione netta di quasi 230.000 unità. Nel decennio 1871-1880 si registrò un leggero calo negli espatri (lasciarono l'Italia mediamente 1.180.000 persone ogni anno, di cui oltre 330.000 in maniera definitiva), mentre nei due decenni successivi si ebbe un rapido incremento che portò gli espatri annui da 1.880.000 del periodo 1881-1890 ai 2.830.000 del 1891-1900. Negli anni Ottanta e Novanta le emigrazioni definitive raggiunsero punte elevate e si calcola che, in quei due decenni, furono rispettivamente 1.041.000 e 1.433.000 gli emigranti che si stanziarono definitivamente in un Paese estero, con un'incidenza che oscillò tra il 3 e il 4,5% della popolazione italiana (al censimento del 1881 i residenti in Italia erano circa 30 milioni).
Nel periodo 1876-1900, quasi il 90% dei migranti italiani in partenza per le nazioni europee proveniva dalle regioni settentrionali. Nello stesso periodo però aumentarono i migranti originari delle regioni meridionali che salparono per le destinazioni transoceaniche, passando dal 48% del totale nazionale degli anni 1876-1886 al 58% del decennio successivo. Più modeste furono le percentuali di migranti provenienti dalle regioni dell'Italia centrale che decisero di partire per i paesi extraeuropei, anche se questo dato crebbe lungo tutto il corso dell'ultimo quarto di secolo, passando dal 6% al 9% del totale nazionale. Nel medesimo periodo diminuì la percentuale dei migranti settentrionali che giunsero al di là dell'Oceano, passando dal 46% a circa il 33% del totale nazionale delle migrazioni transoceaniche.

Luoghi di destinazione

Fino agli anni Ottanta dell'Ottocento, la maggior parte delle migrazioni internazionali in partenza dall'Italia si diresse verso i paesi europei, con una netta preferenza per la Francia, la Svizzera, l'Impero austroungarico e la Germania. L'ultimo ventennio del XIX secolo registrò un'inversione di tendenza, con una crescente quota di espatri diretta verso le mete transoceaniche: Stati Uniti, Brasile e Argentina assorbirono in quel periodo oltre il 50% di tale ondata migratoria, con un aumento sino agli anni Venti del Novecento.
Struttura e costo dei trasporti determinarono una marcata specializzazione regionale dei flussi migratori per nazioni di destinazione; la successiva presenza in tali regioni di gruppi sempre più consistenti di "compaesani" alimentò le reti migratorie che fecero spesso concentrare in particolari regioni o città estere gli Italiani provenienti dalle stesse aree. La maggior parte delle migrazioni in partenza dall'Italia settentrionale si diresse verso i paesi europei, con una preferenza accordata alle nazioni confinanti: i Piemontesi si diressero soprattutto verso la Francia, i Lombardi verso la Svizzera, i Veneti verso l'Austria-Ungheria. Dalle regioni meridionali si emigrò soprattutto verso i continenti extraeuropei, mentre le partenze dei migranti provenienti dall'Italia centrale si distribuirono sia verso l'Europa sia verso l'America.
La posizione geografica giocò, quindi, un ruolo fondamentale nella scelta della meta dell'espatrio in quanto, ad esempio, il viaggio dall'interno della Sicilia verso l'America costava meno di quello verso la Germania. Dalla metà dell'Ottocento la diminuzione dei costi dei viaggi transoceanici e la maggior rapidità e sicurezza garantite dalla diffusione delle navi a vapore permisero il costante aumento delle partenze verso l'America.
L'emigrazione contemporanea coinvolse masse consistenti di popolazione che cambiarono non soltanto i connotati delle aree di partenza, dove si crearono gravi squilibri demografici (erano soprattutto i giovani e gli adulti, in prevalenza maschi, a partire), ma anche la fisionomia delle aree di destinazione in cui iniziarono a sorgere quartieri urbani e centri agricoli abitati in prevalenza da Italiani: si trattava di microcosmi locali in cui le tradizioni (culturali, religiose, alimentari) dei paesi di origine erano conservate e rielaborate, nel tentativo - ora riuscito, ora fallito - di preservare le identità individuali e collettive.

I migranti

L'emigrazione italiana nell'Ottocento e sino a oltre la metà del Novecento coinvolse soprattutto i ceti popolari: erano in prevalenza gli uomini, giovani e adulti, a partire, con uno scarso coinvolgimento dei nuclei familiari. Donne, anziani e bambini rimanevano generalmente nelle terre di origine, spesso impegnati ad accudire la piccola proprietà agricola che non era però in grado di assicurare l'autosufficienza economica alla famiglia. La partenza di intere famiglie di migranti e i ricongiungimenti erano spesso determinati dalla scelta di rendere definitiva la permanenza nei luoghi di destinazione.
La necessità di mano d'opera da destinare ai lavori agricoli stagionali, alle miniere, ai cantieri edili e all'allargamento delle reti stradali e ferroviarie delle nazioni in fase di industrializzazione assorbì una parte notevole dell'emigrazione italiana verso l'estero. Nonostante molti emigranti italiani trovassero impiego nelle aziende agricole (per esempio, nel Nuovo Mondo, dove rimanevano ampie zone da mettere a coltura), l'emigrazione coincise per molti uomini e donne con l'inurbamento e la trasformazione (spesso radicale) dei tradizionali modi di vita. Emigrare spesso significava tagliare forti legami familiari e di amicizia e, allo stesso tempo, investire risorse economiche considerevoli per coprire le spese del viaggio e della prima sistemazione nel paese di approdo in attesa di un lavoro. I migranti furono così inseriti - in modo non sempre consapevole - in processi di rapida modernizzazione dei comportamenti e delle idee che li resero sempre più distanti (non soltanto geograficamente) da coloro che erano rimasti nei luoghi di partenza.

Donne e emigrazione

La posizione delle prime generazioni di donne meridionali emigrate negli Stati Uniti è di arroccamento su posizioni culturali integraliste, dai vestiti neri, al dialetto, al cibo acquistato solo in negozi gestiti da paesani e connazionali, al lavoro legato sempre ad ambiti di appartenenza etnica.
Questa posizione difensiva rispetto all'esterno, l'incapacità di mediare tra la società moderna, sconosciuta, estranea, ed i propri figli attratti da tutto ciò che è americano, rende i normali conflitti generazionali fortissimi, acuiti dall'esperienza migratoria, di rifiuto da una parte e attrazione dall'altra del modello americano. In questo momento di cambiamento culturale e geografico la posizione delle madri immigrate assume un tono drammatico.
I rapporti più difficili si sviluppano tra madri e figlie a causa della nuova posizione in cui quest'ultime si trovano in America: alcune emigrano già con la coscienza dell'importanza che ha la donna nella società americana...
I rapporti delle figlie coi coetanei maschi e le scelte matrimoniali furono il principale motivo di scontro culturale tra vecchio e nuovo mondo. Tra gli immigrati vigevano ancora i codici tradizionali che imponevano alle donne una scelta fatta dai genitori all'interno del gruppo etnico e in base ad una serie di consuetudini secolari. Negli Stati Uniti si era ormai affermata la libera scelta del coniuge e la concezione del matrimonio egalitario moderno in tutte le classi sociali. Le ragazze vogliono uscire coi ragazzi senza fidanzarsi, poter frequentare ragazzi senza essere costrette a sposarli e rivendicano il diritto di scegliere l'uomo da sposare, anche connazionale ma possibilmente moderno e americanizzato. La loro uscita da casa è favorita sia dalla scuola che dal lavoro.
L'incontrastata autorità paterna viene messa in discussione dalla ricerca dell'indipendenza economica: il lavoro di per se non costituisce una conquista per le giovani immigrate italiane infatti non era consentito alle giovani donne di disporre del denaro guadagnato né di usufruire di alcune elementari libertà. Questo fu causa di innumerevoli conflitti familiari e generazionali perchè lavorare a salario per le giovani immigrate Italiane non costituisce di per sé un momento di emancipazione ma al contrario un allargamento delle responsabilità all'interno della famiglia.
Le ragazze coscienti delle proprie potenzialità di indipendenza e di autosufficienza, costrette a rispettare regole che non consentivano loro alcun aumento di libertà, spesso potevano uscire di casa solo per andare al lavoro, lavoro dei cui frutti non potevano disporre perché spesso costrette a consegnare tutto il salario in casa.

Emigrazione in Friuli

Le origini dell'emigrazione regionale si fanno risalire ad un lontano passato. Le prime testimonianze storiche di una considerevole emigrazione stagionale dalla Carnia verso le aree germaniche risalgono alla metà del Cinquecento e sono ricorrenti nelle fonti di tutto il Seicento.
II fenomeno migratorio si estende ad altre parti della regione ed assume maggiori proporzioni nella seconda metà del Settecento, per l'effetto concomitante della crisi economica della Repubblica di Venezia e dello sviluppo dell'Austria teresiana. I flussi si dirigono dal Friuli veneto a quello austriaco, a Trieste ed all'Istria. Con il passaggio della regione al dominio austriaco nel 1797 si incrementa l'emigrazione friulana verso i paesi imperiali. Nella prima metà dell'Ottocento non mancano gli spostamenti di lavoratori verso altre regioni del Nord Italia, quali Veneto e Lombardia, dove l'industria comincia a prendere l'avvio.
L'annessione del Friuli all'Italia nel 1866 crea un nuovo quadro giuridico e statistico, che consente le prime valutazioni quantitative di un fenomeno che peraltro non è nuovo. Dal punto di vista delle destinazioni, non si arrestano le correnti dirette verso l'Europa centrale, mentre si incrementano le partenze verso l'Italia settentrionale e, di qui, verso l'Europa occidentale. L'emigrazione temporanea prevale ancora su quella "propria", ma si registrano i primi contingenti di partenze transoceaniche. Nel 1869 sono concessi nella Provincia di Udine 15.900 passaporti per l'estero, nel 1876 17.871. Secondo le stime del Cosattini, a queste cifre vanno aggiunti circa 5.000 emigranti verso l'interno. Fino al 1880 1e partenze rimangono pressoché costanti.

1880-1915: la grande emigrazione

A partire dal 1880 il numero degli emigranti subisce un rapido incremento, analogamente a quanto accade a livello nazionale. E' questo il periodo di massima intensità del fenomeno.
Dai 19.951 passaporti del 1881 si passa ai 39.359 del 1890. Nel 1899 si giunge a 56.241 passaporti. Negli anni 1881-1915 gli espatri dal Friuli raggiungono e mantengono livelli tali da rappresentare il 10% dell'emigrazione nazionale: è questo il periodo della grande emigrazione friulana.
Tra le destinazioni, dal 1890 si afferma la Svizzera, mentre l'emigrazione transoceanica, che nell'800 rappresentava il 7% circa, va aumentando nel primo decennio del '900 sino a superare il 20% delle partenze. Le destinazioni sono in prevalenza Argentina e Brasile, seguite da Stati Uniti e Canada.
A partire dal 1901 viene istituito il Commissariato dell'Emigrazione e sorgono enti privati, laici e religiosi, con il fine di assistere gli emigranti. L'emigrazione di questo periodo è ancora in gran parte stagionale, riguarda per oltre il 90% i soli uomini, è dettata da motivazioni di ordine economico e coinvolge prevalentemente le aree montane e, sempre di più, collinari (distretti di Gemona, Tarcento, S. Daniele, Spilimbergo) della regione.
Generalmente si pongono in relazione i flussi migratori con lo sviluppo industriale ed urbano di un'area, e con i fenomeni di decadenza della attività rurali tradizionali, ma il fenomeno migratorio mal si presta alle generalizzazioni, perché si caratterizza per fasi e forme molto diverse, ed è influenzato da molti fattori contingenti, oppure particolari e specifici. Esso richiede pertanto analisi differenziate nel tempo e nello spazio.

Documenti

Data di pubblicazione: 17 Maggio 2005

L'emigrazione a Treppo Grande, i momenti salienti

Furono molti i treppesi che cercarono fortuna e lavoro altrove, nei primi anni del XX secolo, costretti poi a un precipitoso rientro, dalla Germania e dall’Austria-Ungheria, allo scoppiare della prima guerra mondiale. Alla fine del conflitto, miseria e disoccupazione costrinsero gli uomini in età da lavoro ad esercitare il mestiere che meglio conoscevano, quello del fornaciaio, non più nei paesi germanofoni, ma in Francia e Svizzera. Tanti, poi, scelsero di attraversare l’oceano per approdare nel Nuovo Mondo. Da non dimenticare il fenomeno delle donne che migrarono a Milano, Torino e Roma per fare le domestiche. Dalla fine della seconda guerra mondiale al 1976, anno in cui il fenomeno del terremoto segnò praticamente la fine dei flussi migratori verso i paesi europei, la meta principale diventò la Svizzera, seguita da Francia, America del Nord e Australia, mentre il maggior numero di emigrati “definitivi” spetta all’America Latina. Il paese, che annovera circa 1800 abitanti, conta attualmente intorno a seicento iscritti all’Aire.

Data di pubblicazione: 29 Agosto 2006

La storia di Luigi Toffolo

È nato a Cavasso Nuovo (provincia di Udine) nell'anno 1859.
Undicenne appena, abbandonò il proprio paese e si recò a piedi - in mancanza di ferrovie - in Austria e precisamente a Comundn impiegando nel tragitto circa 12 giorni. Giunto colà cominciò a lavorare in qualità di fornaciaro. Vi rimase cinque anni.
Quindi si trasferi in Baviera, ad Auchsburg, a Monaco, e lavorò come terrazziere presso la ditta Cadelli di Fanna, colla quale rimase per il periodo di 5 anni.
Fu poi in qualità di socio durante 3 anni in una altra casa italiana di Monaco, pei medesimi lavori.
Venne, infine, a stabilirsi in Boemia (a Praga) e, ignorando affatto la lingua czeca e conoscendo poco la tedesca, riuscì tuttavia a sorpassare gli ostacoli e potè sebbene con grande fatica, stabilirsi come impresario di lavori in mosaico, in terrazzo e cemento. È veramente da ammirarsi l’attività e la costanza del signor Toffolo, che a poco a poco seppe consolidare la propria posizione in modo che la sua casa è attualmente una delle più importanti dell’Austria-Ungheria nel genere di lavori in mosaico di marmo. Il suo stabilimento (Praga.Smichov, Mozartova ulice 13, numero antico 844) fornito di apposite macchine per preparare i lavori semplici di terrazzi e come pure di una segheria onde tagliare le pietre per i mosaici.
Il signor Toffolo ha annualmente al suo servizio circa 50 operai italiani.
I suoi principali lavori sono quelli dei Museo Boemo, il Palazzo delle Assicurazioni Generali, Banca chiesa di Weinberge, Cassa di Risparmio della città di Praga, Accademia Stracca, Seminario Arcivescovile di Cracovia, Raffineria di zucchero a Tirnao (Ungheria), Raffineria di zucchero di Caposvar (Ungheria) e Museo di Reichenberg. Ha pure eseguito lavori in vani ospedali dell’ Austria-Ungheria e specialmente in Boemia, in banche, ville e altre abitazioni dell’aristocrazia czeca. È stato uno dei primi organizzatori della Società Italiana di Beneficenza, alla quale donò in qualità. di fondatore onorario. Ebbe quindi la carica di consigliere. Nel 1894 ricopriva pure la carica di consigliere dell’Orfanotrofio annesso alla Congregazione Italiana, ma rassegnò le proprie dimissioni a causa che nelle sedute si parlava la lingua tedesca. Rassegnò anche le dimissioni da socio del Circolo Italiano. E, finalmente, il 16 marzo 1902 presentò le sue dimissioni da consigliere della Società Italiana di Beneficenza, adducendo il motivo che nessun italiano fa parte di detto sodalizio. E soggiunge che non rientrerà in tali istituzioni e società finché non avranno un carattere essenzialmente italiano.
Nutrendo vivissimo amore per il. paese natio ha favorito lo sviluppo dell’agricoltura e specialmente della viticoltura di Cavasso Nuovo, dove ha acquistato e bonificato parecchi terreni.
La famiglia Toffolo soccorre continuamente degli italiani indigenti.
Il signor Toffolo è socio dell’Associazione italiana di Soccorso.
Egli ha ottenuto un diploma d’onore per i lavori inviati al!’Esposizione Tecnica degli ingegneri ed architetti del Regno di Boemia, tenutasi in Praga nel 1887.

Lettere di emigranti

Buenos Aires lì 6 genaio 1877
Carissima mia madre, carissimo fratello Vengo con questa mia carta ha farvi sapere le mie buone notissie me e mia molie disolina godiamo una perfetta salute e come pure noi spieriamo che simele sara di voi Cara mamma e fratello mi scoserete de multo tempo nun no avuto nesuna risposta fino da ora sto mal contento di questo silenzio Carissima mia madre io penso che voi state bene di salute pensate di corarvi voi stessa la vostra salute non pensate tanto di mangare e di bevere e fare poca fadiga vi mando cinquanta lire 50 perche li godete voi cara mamma vi mando 20 lire che ci fate dire del bene per uno che voi vi pare basta che lo fate dire Cara mia madre cercate di farvi coragio sempre non… ...
firma illeggibile

Bedonia 23 marzo 1868

Carissimo figlio con somma mia consolazione ho ricevuto la tua graditissima lettera... ... Io dico che la tua sorella è mal maritata, ed il marito non pensa di mantenere ne la moglie ne i propri figli. E’ stato in casa mia quattro o cinque mesi, si lamentava che il vitto non è buono, ed io mi son fatto sentire che mi passi la porta, è andato nella Svizzera a Cujeau a lavorare sotto a Montebello Domenico appaltatore di strade. Se tu avessi potuto mandarmi un centinaio di Franchi ti avrei comprato una scimia Africana piccola la quale qui si trova. Mi hanno dimandato sette Marenghi, ma con minor prezzo si sarebbe presa. Bisogna caro figlio riflettere che il tuo mestiere è un Lotto. Se ti muore una bestia è morto il pane. Adunque ti raccomando industria, prudenza, onde guadagnarti danaro perché io ti comprerei un qualche pezzo di terra per te, giacchè tutto viene dalla terra. Aspetto risposta e mi indicherai da quali parti sei per andare.
Affezzionatissimo
Taddei Antonino

CONSEGNA

1. Individua nel testo proposto, le principali cause dell’emigrazione italiana, contestualizzandole dal punto di vista temporale e spaziale. A tal fine puoi elaborare uno schema, o una mappa concettuale, oppure un testo scritto.

2. Proponi a tuo piacimento una tabella che contenga luoghi di partenza e destinazione dell’emigrazione, in base a un periodo o più periodi considerati, indicando le quantità degli emigranti coinvolti ed eventuali percentuali, in relazione sia alla situazione italiana, sia alla situazione regionale.

3. Nel testo si analizza la condizione della donna meridionale emigrata negli Stati Uniti. Sulla base delle tue conoscenze ed esperienze personali, qual era la condizione della donna friulana emigrata?

4. I protagonisti delle storie di emigrazione friulana, secondo te erano integrati nel nuovo tessuto sociale? Argomenta la risposta.
Quali argomenti e sentimenti comuni emergono, secondo te, nelle lettere degli emigrati proposte?

5. Racconta una storia di emigrazione, se ne hai una conoscenza diretta o indiretta.

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