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- LA DIAGNOSI DI DSA E LA TUTELA DEGLI ALLIEVI CON DIFFICOLTA’ IN AMBITO SCOLASTICO
Dislessia, disortografia, disgrafia,
discalculia sono definiti disturbi specifici perché dovrebbero interessare uno
specifico dominio di abilità senza intaccare il funzionamento cognitivo
generale. L’uso del condizionale è d’obbligo. Teniamo infatti conto che la
comorbilità è più la regola che l’eccezione.
Inoltre i DSA hanno un forte impatto numerico sulla popolazione scolastica italiana: si stima che fra il 3% e il 5% ne sia affetta. Il fattore diagnostico è quindi fondamentale, perché impatta in primo luogo sulla possibilità di effettuare un intervento mirato e, di conseguenza, su tutta la comunità scolastica con cui l’allievo con DSA si rapporta.
Inoltre i DSA hanno un forte impatto numerico sulla popolazione scolastica italiana: si stima che fra il 3% e il 5% ne sia affetta. Il fattore diagnostico è quindi fondamentale, perché impatta in primo luogo sulla possibilità di effettuare un intervento mirato e, di conseguenza, su tutta la comunità scolastica con cui l’allievo con DSA si rapporta.
La diagnosi dovrebbe avere almeno
due caratteristiche: essere accurata ed essere precoce. Sull’accuratezza della
diagnosi faremo alcune considerazioni nella seconda parte dell’elaborato,
relativa alle criticità. Ci soffermeremo ora sulla precocità, per valutarne
alcuni aspetti.
La diagnosi dei DSA è effettuata
nell'ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Servizio sanitario
o da specialisti o strutture accreditate (art. 3, comma 1, L. 170/2010). Ma è compito
delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia,
attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi
tempestivi, idonei ad individuare i casi sospetti di DSA degli studenti (art.
3, comma 3, L.
170/2010). Il punto cruciale è l’individuazione dell’allievo con DSA, in
seguito alla quale viene indirizzato al Servizio sanitario che effettuerà la
diagnosi. Un’individuazione precoce comporta una diagnosi precoce, a cui
dovrebbe seguire un intervento precoce. La parola chiave è dunque “precoce”. Di
solito, infatti, una diagnosi di DSA andrebbe effettuata nella scuola primaria,
precisamente non prima del secondo anno per dislessia, disortografia e
disgrafia e non prima della conclusione del terzo anno per la discalculia.
L’importanza di un intervento tempestivo è stata evidenziata da uno studio (Heath e Hogben, 2004) che si basa sul trattamento
metafonologico intensivo nella scuola dell’infanzia in un gruppo di bambini a
rischio. Nello specifico prevedeva tre gruppi di bambini: a rischio trattati, a
rischio non trattati, non a rischio. Dopo sette anni di intervento il gruppo
dei bambini trattati è risultato migliore di quelli non trattati, ma peggiore
di quelli non a rischio. Ciò significa che l’intervento su un fattore di
rischio può ridurre l’entità del DSA anche se non lo annulla, in quanto la
genesi del DSA è multifattoriale. Se consideriamo corretta l’ipotesi multifattoriale,
una diagnosi precoce ci permette dunque d’intervenire non solo su fattori di
rischio individuali, ma anche su quelli socio-ambientali. Infatti, sono stati
individuati come fattori di rischio sia il livello socioeconomico basso sia una
bassa istruzione materna (Carroll e coll., 2005). In presenza di una diagnosi
sarebbe, ad esempio, possibile predisporre un intervento socio-educativo con
ricadute positive anche sulla riduzione del DSA.
La scuola primaria è quindi il segmento scolastico
d’elezione nel quale effettuare l’individuazione di un allievo con DSA, in
quanto è lì che si apprende il processo di letto-scrittura nonché l’abilità di
calcolo.
La diagnosi è dunque il punto di
partenza che permette di poter effettuare tutta una serie di interventi, anche
se per lo più limitati all’ambito scolastico (uno dei punti di criticità cui si
accennerà nel paragrafo che segue), che altrimenti sarebbe impossibile
espletare. Essi sono indicati e disciplinati per legge (L. 170/2010, D.M. Miur
12.07.2011 e Linee guida).
L’obiettivo
preminente è quello di garantire il diritto alla studio degli allievi con DSA
“assegnando al sistema nazionale di istruzione e agli atenei il compito di
individuare le forme didattiche e le modalità di valutazione più adeguate affinché
alunni e studenti con DSA possano raggiungere il successo formativo.” E si
precisa che “il tipo di intervento per l'esercizio del diritto allo studio
previsto dalla Legge si focalizza sulla didattica individualizzata e
personalizzata, sugli strumenti compensativi, sulle misure dispensative e su
adeguate forme di verifica e valutazione.” (Linee guida, D.M. 12.07.2011)
Il primo strumento indicato è quello
della didattica “individualizzata e personalizzata”. Si chiarisce che i due
termini non sono sinonimi: nel primo caso ci riferisce alle attività di
recupero individuale atte a potenziare determinate abilità; nel secondo caso ci
si riferisce all’unicità e alla specificità dei bisogni educativi, favorendo
l’accrescimento dei punti di forza di ciascun allievo.
D’altra parte si richiamano le
istituzioni scolastiche all’obbligo di garantire “l'introduzione di strumenti
compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie
informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali
ai fini della qualità dei concetti da apprendere” (L. 170/2010). E si propone
un elenco dei più noti strumenti compensativi (sintesi vocale, registratore,
programmi di video scrittura con correttore ortografico, calcolatrice); per
misure dispensative si intendono interventi che consentono all’allievo di non
svolgere certe prestazioni (ad esempio lettura di lunghi brani).
Per quanto riguarda le forme di
verifica e la valutazione si dà tutta una serie di indicazioni e suggerimenti.
Per il disturbo di lettura, ad esempio, si possono assegnare tempi aggiuntivi
per l’espletamento delle prove o verifiche con minori richieste; per le lingue
straniere la didattica deve privilegiare l’espressione orale e la valutazione
deve valorizzare la capacità di cogliere il senso generale del messaggio e
l’efficacia comunicativa. La diagnosi di DSA, se attesta che si tratta di un
disturbo grave, può condurre lo studente alla dispensa di sottoporsi alle
verifiche scritte di lingua straniera.
In
termini più generali si dispone che la valutazione debba essere coerente con
gli interventi didattici e pedagogici e i criteri si debbano focalizzare sulla
padronanza dei contenuti disciplinari, trascurando gli aspetti legati alle
abilità deficitarie.
Tutti gli
interventi a cui si è accennato non possono essere introdotti per un allievo
che non abbia una certificazione di DSA, anche se manifestamente ne presenta
tutte le caratteristiche, per cui la diagnosi diventa una strumento di tutela
imprescindibile per garantire il diritto allo studio, per integrare l’allievo
nella comunità scolastica prima e nel mondo lavorativo poi.
- PUNTI CRITICI E LIMITI DELLA DIAGNOSI DI DSA
Alcuni
punti critici della diagnosi di DSA sono evidenziati, ad avviso della
scrivente, nella Consensus Conference
(Disturbi specifici dell’apprendimento, Roma, 6-7 dicembre 2010).
I
presupposti per effettuare una diagnosi di DSA sono ovviamente di carattere
scientifico.
Ma si rileva che ad oggi il patrimonio di conoscenze
prodotto dalla letteratura scientifica internazionale presenta aree di
ambiguità e incertezza, a causa o della scarsità dei dati scientifici
disponibili o della loro non concordanza.
Esiste, inoltre, una grande variabilità degli standard
diagnostici presenti in letteratura per i DSA, e ciò rappresenta un limite
considerevole. Il percorso diagnostico dei DSA è caratterizzato, infatti, dalla
mancanza di omogeneità nei criteri diagnostici considerati e dal ricorso a una
grande varietà di test psicometrici che valutano numerose e diverse variabili
neuropsicologiche e quindi abilità diverse.
La maggior parte della letteratura scientifica
prodotta, tra l’altro, è riferita a soggetti
e prove di lingua inglese, per cui si fonda su un’ortografia
“opaca” e non “trasparente”
come quella dell’italiano[1]
e fa riferimento a un diverso sistema scolastico.
Questi due
elementi riducono ovviamente la trasferibilità dei dati al contesto italiano.
E’ dunque evidente la necessità di condurre degli studi sui DSA a lingua
trasparente al fine di perfezionare strumenti diagnostici adeguati anche su
queste popolazioni.
A tal proposito, la ricerca bibliografica effettuata dalla
Consensus Conference non ha
rilevato per la lingua italiana una batteria di screening specifica, validata
nella letteratura internazionale analizzata, per l’individuazione di bambini a
rischio di dislessia/disortografia, nonostante alcuni strumenti di screening
usati per la lingua italiana indaghino competenze linguistiche, in particolare fonologiche,
meta-fonologiche e visuo-percettive, analogamente agli strumenti già validati
per la lingua anglosassone.
Non sono, tra l’altro, disponibili attualmente
strumenti di screening empiricamente validati per l’individuazione di bambini a
rischio di discalculia.
Per quanto riguarda l’importanza
della tempestività della diagnosi, cui abbiamo accennato nel paragrafo
precedente, vi è un caso nel quale può avere anche una valenza negativa:
un’anticipazione eccessiva, infatti, aumenta in modo significativo la
rilevazione dei falsi positivi. Quindi l’individuazione precisa dei fattori di
rischio (che sono personali, familiari e di carattere socio-ambientale) è
fondamentale. Tuttavia il dato con il quale dobbiamo confrontarci ha tutt’altro
orientamento: i DSA infatti sono
attualmente sottodiagnosticati, riconosciuti tardivamente o confusi con altri disturbi.
La mancata individuazione di questo sottogruppo della
popolazione ha un importante impatto sia a livello individuale (frequente abbassamento
del livello curriculare conseguito e/o prematuro abbandono scolastico nel corso
della scuola secondaria di secondo grado), sia a livello sociale (riduzione
della realizzazione delle potenzialità sociali e lavorative dell’individuo).
Anche se non sono disponibili studi che valutino
l’efficacia degli interventi rivolti a popolazioni a rischio in termini di
riduzione del rischio stesso di sviluppare DSA, sono in aumento le prove
scientifiche sull’efficacia della presa in carico e degli interventi
riabilitativi nella riduzione dell’entità del disturbo
e/o nel rendimento scolastico, nonché nella prognosi complessiva (psichiatrica
e sociale) a lungo termine. La precocità e la tempestività degli interventi
appaiono sempre più spesso in letteratura tra i fattori prognostici positivi.
Un’altra carenza riguarda la definizione dell’assetto ottimale
dei servizi destinati all’identificazione e al trattamento delle persone con
diagnosi di DSA (in termini di strutture, personale e modalità di intervento). Dall’analisi
della letteratura emerge, infatti, come la ricerca sui modelli organizzativi
ottimali e i percorsi assistenziali per i DSA, condotta secondo una metodologia
valida che ne garantisca la qualità dei risultati raggiunti, sia praticamente
inesistente.
Allo stato attuale, nel
nostro ordinamento, i DSA hanno rilevanza solo a livello scolastico, come
recita esplicitamente il titolo della legge 170/2010 (“Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito
scolastico”).
Il legislatore, in altri termini, si
è limitato a disciplinare i DSA con riferimento al solo “mondo scolastico”, compiendo appena un cenno a finalità estranee al
settore (art. 2, lett. h: finalità della legge è anche quella di “assicurare eguali opportunità di sviluppo
delle capacità in ambito sociale e professionale”) senza tuttavia
considerare che i DSA hanno effetti diretti e riflessi anche su molti aspetti della
vita quotidiana e lavorativa.
[1]Le lingue
“ortograficamente trasparenti” sono quelle in cui il rapporto fra fonemi e
grafemi corrispondenti è diretto e biunivoco, come nell’italiano. Le lingue
“ortograficamente opache” sono quelle in cui il rapporto fra fonemi e grafemi è
complesso e poco prevedibile, come nell’inglese.
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