domenica 5 maggio 2013

L’EMIGRAZIONE IN FRIULI

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L’EMIGRAZIONE IN FRIULI

I migranti italiani

L'emigrazione italiana nell'Ottocento e sino a oltre la metà del Novecento coinvolse soprattutto i ceti popolari: erano in prevalenza gli uomini, giovani e adulti, a partire, con uno scarso coinvolgimento dei nuclei familiari. Donne, anziani e bambini rimanevano generalmente nelle terre di origine, spesso impegnati ad accudire la piccola proprietà agricola che non era però in grado di assicurare l'autosufficienza economica alla famiglia. La partenza di intere famiglie di migranti e i ricongiungimenti erano spesso determinati dalla scelta di rendere definitiva la permanenza nei luoghi di destinazione.

La necessità di mano d'opera da destinare ai lavori agricoli stagionali, alle miniere, ai cantieri edili e all'allargamento delle reti stradali e ferroviarie delle nazioni in fase di industrializzazione assorbì una parte notevole dell'emigrazione italiana verso l'estero. Nonostante molti emigranti italiani trovassero impiego nelle aziende agricole (per esempio, nel Nuovo Mondo, dove rimanevano ampie zone da mettere a coltura), l'emigrazione coincise per molti uomini e donne con l'inurbamento e la trasformazione (spesso radicale) dei tradizionali modi di vita. Emigrare spesso significava tagliare forti legami familiari e di amicizia e, allo stesso tempo, investire risorse economiche considerevoli per coprire le spese del viaggio e della prima sistemazione nel paese di approdo in attesa di un lavoro. I migranti furono così inseriti - in modo non sempre consapevole - in processi di rapida modernizzazione dei comportamenti e delle idee che li resero sempre più distanti (non soltanto geograficamente) da coloro che erano rimasti nei luoghi di partenza.

Le origini dell'emigrazione regionale

Le origini dell'emigrazione regionale si fanno risalire ad un lontano passato. Le prime testimonianze storiche di una considerevole emigrazione stagionale dalla Carnia verso le aree germaniche risalgono alla metà del Cinquecento e sono ricorrenti nelle fonti di tutto il Seicento.
II fenomeno migratorio si estende ad altre parti della regione ed assume maggiori proporzioni nella seconda metà del Settecento, per l'effetto concomitante della crisi economica della Repubblica di Venezia e dello sviluppo dell'Austria teresiana. I flussi si dirigono dal Friuli veneto a quello austriaco, a Trieste ed all'Istria. Con il passaggio della regione al dominio austriaco nel 1797 si incrementa l'emigrazione friulana verso i paesi imperiali. Nella prima metà dell'Ottocento non mancano gli spostamenti di lavoratori verso altre regioni del Nord Italia, quali Veneto e Lombardia, dove l'industria comincia a prendere l'avvio.
L'annessione del Friuli all'Italia nel 1866 crea un nuovo quadro giuridico e statistico, che consente le prime valutazioni quantitative di un fenomeno che peraltro non è nuovo. Dal punto di vista delle destinazioni, non si arrestano le correnti dirette verso l'Europa centrale, mentre si incrementano le partenze verso l'Italia settentrionale e, di qui, verso l'Europa occidentale. L'emigrazione temporanea prevale ancora su quella "propria", ma si registrano i primi contingenti di partenze transoceaniche. Nel 1869 sono concessi nella Provincia di Udine 15.900 passaporti per l'estero, nel 1876 17.871. Secondo le stime del Cosattini, a queste cifre vanno aggiunti circa 5.000 emigranti verso l'interno. Fino al 1880 1e partenze rimangono pressoché costanti.

1880-1915: la grande emigrazione

A partire dal 1880 il numero degli emigranti subisce un rapido incremento, analogamente a quanto accade a livello nazionale. E' questo il periodo di massima intensità del fenomeno.
Dai 19.951 passaporti del 1881 si passa ai 39.359 del 1890. Nel 1899 si giunge a 56.241 passaporti. Negli anni 1881-1915 gli espatri dal Friuli raggiungono e mantengono livelli tali da rappresentare il 10% dell'emigrazione nazionale: è questo il periodo della grande emigrazione friulana.
Tra le destinazioni, dal 1890 si afferma la Svizzera, mentre l'emigrazione transoceanica, che nell'800 rappresentava il 7% circa, va aumentando nel primo decennio del '900 sino a superare il 20% delle partenze. Le destinazioni sono in prevalenza Argentina e Brasile, seguite da Stati Uniti e Canada.
A partire dal 1901 viene istituito il Commissariato dell'Emigrazione e sorgono enti privati, laici e religiosi, con il fine di assistere gli emigranti. L'emigrazione di questo periodo è ancora in gran parte stagionale, riguarda per oltre il 90% i soli uomini, è dettata da motivazioni di ordine economico e coinvolge prevalentemente le aree montane e, sempre di più, collinari (distretti di Gemona, Tarcento, S. Daniele, Spilimbergo) della regione.
Generalmente si pongono in relazione i flussi migratori con lo sviluppo industriale ed urbano di un'area, e con i fenomeni di decadenza della attività rurali tradizionali, ma il fenomeno migratorio mal si presta alle generalizzazioni, perché si caratterizza per fasi e forme molto diverse, ed è influenzato da molti fattori contingenti, oppure particolari e specifici. Esso richiede pertanto analisi differenziate nel tempo e nello spazio.

Tra le due guerre

La prima guerra mondiale comporta dapprima un brusco arresto, ed in seguito un profondo cambiamento nei flussi migratori, che in termini numerici negli anni postbellici rimangono più contenuti rispetto all'anteguerra. Pur ridotta numericamente, l'emigrazione non viene mai meno. Calano i flussi diretti verso i Paesi europei, ed assume maggior rilievo percentuale l'emigrazione definitiva verso l'America. I Governi europei ed americani cominciano ad assumere iniziative di regolamentazione e di contingentamento dell'immigrazione, ed il fenomeno migratorio a perdere le sue caratteristiche di spontaneità. Le restrizioni alla concessione dei passaporti e la crisi economica mondiale del 1929 contribuiscono in seguito a ridurre le partenze. Nel primo dopoguerra movimenti migratori cospicui interessano anche la Venezia Giulia e Trieste, in relazione con l'annessione all'Italia e con i mutamenti politici ed economici conseguenti.
Negli anni Trenta gli espatri si aggirarono in media sulle 3.000 unità. Pur con un andamento alterno, l'emigrazione subisce un rallentamento anche nei movimenti verso l'interno. Da segnalare in questo periodo i trasferimenti di famiglie nelle colonie africane e la ripresa di espatri verso i paesi germanici, favoriti dall'alleanza italo-tedesca. Molti lavoratori friulani sono assorbiti dalle grandi opere promosse dal regime: centinaia di famiglie, provenienti in prevalenza dalla Bassa friulana e dalla pianura pordenonese, si trasferiscono nell'Agro Pontino, dove parteciparono all'appoderamento delle aree bonificate e alla costruzione delle nuove città.
Nel periodo interbellico vengono in evidenza tuttavia le conseguenze della forte emigrazione dei decenni precedenti: la senilizzazione e la femminilizzazione della popolazione, lo spopolamento montano. Inoltre, il calo del flusso di rimesse degli emigranti contribuisce all'impoverimento delle aree svantaggiate della regione.

Un mutamento storico: 1968, l'inversione del saldo migratorio

A partire dalla fine degli anni Sessanta si verifica un mutamento "storico" nelle vicende dell'emigrazione regionale, l'inversione di tendenza. Dal 1968 il saldo migratorio diviene attivo: i rimpatri superano gli espatri, e l'emigrazione si trasforma in un fattore di crescita della popolazione
Si registra l'esaurimento dell'emigrazione tradizionale, il cui flusso in uscita subisce una flessione, mentre si mantiene relativamente costante un contingente di rientri che in termini assoluti supera il numero dei partenti. Dagli anni Settanta in poi questo fenomeno si è mantenuto costante, e non si sono più verificati episodi di ripresa dell'emigrazione, neppure in coincidenza con eventi, quali il terremoto del 1976, che hanno fatto temere l'avvio di nuovi fenomeni di esodo.
L'inversione di segno del saldo migratorio precede di poco nella nostra Regione l'analogo fenomeno a livello nazionale, ed è posta in relazione con il "decollo" dello sviluppo economico e della produzione industriate dell'area regionale, il cui contesto socioeconomico e il cui mercato del lavoro subiscono in quei decenni profonde trasformazioni.
Fino a tutti gli anni Sessanta, tuttavia, l'emigrazione è ancora percepita dalla società regionale come un grave e doloroso problema sociale, umano ed economico, come un fattore di impoverimento delle risorse umane e di alterazione della distribuzione e della composizione demografica. Al momento dell'istituzione della Regione Friuli Venezia Giulia, il primo Programma regionale di sviluppo economico e sociali (1964), include tra gli obiettivi la rimozione delle cause dell'emigrazione e la sua conseguente eliminazione.

1970-2005: la politica regionale per l'emigrazione

Tra le prime in Italia, la Regione Friuli Venezia Giulia sin dai primi anni Settanta assume iniziative legislative ed un impegno nei confronti dei propri emigrati costantemente mantenuto anche in seguito. Nel 1969 si tiene la prima Conferenza regionale dell'emigrazione, seguita dall'adozione di due leggi regionali nel 1970 e nel 1976.
II timore che il terremoto del 1976 provochi una ripresa dell'emigrazione dalle aree colpite risulta infondato, ed anzi ben presto ci si rende conto che si è verificato un cambiamento che segna la fine del fenomeno "storico" dell''emigrazione: l'onda migratoria si è arrestata.
La Regione prende tempestivo atto dei mutamenti ed adegua i propri strumenti di intervento. Nel 1979 è convocata la seconda Conferenza regionale dell'emigrazione, e nel 1980 la Regione promuove un'importante ricerca di prima mano sui rimpatriati nel decennio precedente, basata sui dati delle 11.000 famiglie (circa 27.000 persone) alle quali è stato erogata l'indennità di prima sistemazione prevista dalla legge regionale del 1970, nonché su 1.500 ampie interviste effettuate su un campione di rimpatriati distribuito in tutta la regione. Ne risulta un quadro che modifica notevolmente l'immagine tradizionale dell'emigrato e del contesto socioeconomico in cui è inserito.
Si tratta in prevalenza di persone in età attiva, in molti casi con un buon livello scolastico e professionale, il cui rimpatrio è stato generalmente programmato, e che spesso trovano nell'area di origine un positivo ed adeguato inserimento lavorativo. Nel contempo l'indagine (Mercato del lavoro e movimenti migratori in Friuli-Venezia Giulia, Udine, 1982) mette in luce una serie di aspetti problematici presentati dal reinserimento nel contesto regionale dei nuclei familiari emigrati (aspetti sociali, abitativi, legati alla scolarità dei figli, alle donne, ai pensionati).
Sempre nel 1980 è approvata la "Riforma degli interventi regionali in materia di emigrazione", la legge regionale n. 51, che rappresenta una svolta importante ed un esempio seguito poi anche da altre Regioni. Alla precedente impostazione assistenziale viene sostituita l'individuazione di due obiettivi molto precisi: da una parte il sostegno sociale ed economico volto al reinserimento di coloro che rientrano in patria, dall'altra il mantenimento dei legami culturali can gli emigrati all'estero, nei Paesi di accoglimento. Lo strumento è rappresentato da un "pacchetto" di progetti specifici (casa, scuola, lavoro per i primi, iniziative informative, culturali, sostegno all'associazionismo per i secondi) da aggiornare ed adeguare continuamente, attraverso una programmazione annuale. Questa legge, applicata per oltre due decenni, fino a tutto l'anno 2002, si è rivelata lungimirante ed ha dato notevoli risultati.
Nel 2002 è infine approvata la legge regionale n. 7, "Nuove norme in materia di corregionali all'estero e di rimpatriati", entrata in vigore il 1° gennaio 2003, che innova gli interventi regionali e nello stesso tempo conferma l'impegno in questo settore, ampliando in particolare la visione dei corregionali all'estero, che da semplici destinatari di interventi informativi e culturali divengono anche protagonisti della promozione della regione nei paesi in cui vivono.
La nuova legge riconosce così l'avvenuta stabilizzazione delle comunità dei corregionali nei paesi di residenza, e si prefigge di valorizzare il ruolo di tramite che esse possono svolgere tra i loro paesi e la terra d'origine.
Le dinamiche di flusso, come risultano dai dati delle iscrizioni e dalle cancellazioni anagrafiche da e per l'estero presso i Comuni della regione, negli ultimi tre decenni si sono infatti ridotte quantitativamente. Permane un fenomeno di rientri legati all'emigrazione del passato, soggetto ad un andamento piuttosto costante, anche se a tratti influenzato da fattori esterni, quali situazioni di crisi economica nei Paesi di destinazione. Questi rientri, volontari o forzati, non si sono mai esauriti e continuano tuttora al ritmo di alcune migliaia all'anno, alimentati dalle dimensioni delle comunità di corregionali in varie aree europee ed extraeuropee.
Essi rappresentano una componente attiva del saldo complessivo della popolazione, del quale contribuiscono ad attenuare i valori negativi. Se generalmente appaiono ben "assorbiti" dalla società regionale, non si deve tuttavia incorrere nell'errore di considerare insignificante il problema del reinserimento dei rimpatriati, che presenta sempre una serie di risvolti sociali ed economici che necessitano di specifici interventi (un esempio per tutti: i corsi di sostegno per i figli dei rimpatriati, unico strumento di intervento concreto verso il disagio scolastico di chi proviene dall'estero).
Il flusso dei rimpatri appare dunque attualmente caratterizzato da una certa stabilità, e rappresenta per la regione un fenomeno positivo dal punto di vista demografico. Tuttavia non si deve sottovalutare la possibilità che situazioni di crisi economica e sociale nei paesi esteri inducano nuovi flussi di rimpatri "forzati", indotti cioè dalla perdita del posto di lavoro o da necessità economiche.
Nel 2002 la grave crisi che ha colpito l'Argentina ha infatti prodotto in quel paese un improvviso incremento delle richieste di riacquisto della cittadinanza italiana da parte dei discendenti degli emigrati italiani. Nello stesso periodo in Friuli Venezia Giulia si è registrato un considerevole aumento delle domande di assistenza economica e di sostegno scolastico da parte di singole persone o di famiglie rimpatriate dall'Argentina in condizioni di disagio e di difficoltà. E' quindi necessario che la Regione disponga in ogni momento di strumenti di intervento atti a fronteggiare, con la collaborazione dei Comuni, anche possibili situazioni di emergenza.

Storia della famiglia Toniutti

3 giugno 1903: il bastimento The Kronprinz Wilhwelm, partito da Brema, attracca al porto di New York col suo carico di uomini e speranze, valige di cartone, sacchi di canapa, fardelli. L'aria fresca s'insinua nelle stive svuotate e fra i ponti fino ad allora stracolmi di uomini e donne.
Scendono sulla banchina affollata di Ellis Island uomini e donne partiti dall'Europa verso l'"Eldorado", italiani, sloveni, ungheresi, polacchi, piccole storie di gente che affida la propria dignità all'enorme figura della Statua della Libertà, pochi soldi in tasca, un po’ di farina portata da casa, fazzoletti e gonne lunghe, scure, gli occhi scavati dal lungo viaggio.
Riscattarsi dallo spettro della fame, lavorare, soprattutto lavorare. In questo immenso continente ci sarà posto anche per loro. Fra la folla due carnici, di Amaro, Giovanni e Caterina Toniutti, diretti in Texas.
Non possiamo conoscere il motivo che li ha spinti verso questo luogo, perché proprio nel cuore di questo grande Paese, e non le consuete mete migratorie di Argentina, Germania, Svizzera?
I Toniutti hanno lasciato la Carnia, forse richiamati da qualche conoscente oppure venuti in possesso di informazioni su Thurber, cittadina di miniere, nel cuore del Texas.
Caterina ha 26 anni, come risulta dalla lista passeggeri del 3 giugno 1903, quindi giovane sposa in procinto di metter su famiglia, ed ha lasciato con Giovanni trentatreenne il paese, Amaro, il primo entrando in Carnia, dove ormai era difficile andare avanti, e per due giovani sposi ancora di più.
Damâr a l'è ce tant lontan. Dopo le lunghe settimane sull'oceano sono ormai lontani dagli occhi la piazzetta del paese, con l'abbeveratoio e la fontana dove l'acqua si raccoglieva ogni giorno coi cjaldîrs nella grande vasca monolitica di pietra.
Sono lontani dagli occhi il monte San Simeone e la Pieve di Cesclans, proprio di fronte ad Amaro, al di là del fiume, e il sole che tramonta dietro la valle di Verzegnis. E' ancor più lontano, ormai vinto dal salmastro, il profumo del fieno che in questi giorni di giugno verrà tagliato, sui declivi alle spalle del paese e su coi rampons fin sot la mont, l'Amariana.
Ma il futuro ha un richiamo forte, quello della speranza e Giovanni con Caterina si avviano fiduciosi verso la terra che raggiungeranno dopo un viaggio di oltre un mese, fra bastimento e treno, e che purtroppo non sarà molto generosa con loro.
A quasi cento anni da quel lontano giugno 1903, Mauro, un pronipote dei Toniutti, va per la seconda volta alla scoperta dei luoghi dove sono "passati" i suoi bisnonni. Torna in Texas due mesi fa spinto dal desiderio di ritrovare traccia di due figli di Caterina e Giovanni, Delfina e Ribello nati e sepolti in quella terra. Mauro fa alcune ricerche e trova un valido aiuto in Leo Bielinski, colonnello dell’aeronautica militare americana in pensione, "custode" della memoria di Thurber e curatore del sito www.thurbertexas.com .
Anche Bielinski è figlio di emigranti di origine polacca arrivati lì per lavorare nelle miniere, ed aiuterà Mauro con la sua documentazione a conoscere com'era Thurber e a ritrovare su una grande lapide, i nomi di Delfina e Ribello, morti nel 1908.

Baracche in legno e case in mattoni allineate in file regolari, in una di queste cresce la famiglia Toniutti: nascono cinque figli: Desiderio, primogenito e nonno di Mauro, Isolina nel 1905, Veglia nel 1908, per gli ultimi due un triste destino, Ribello a undici mesi muore di polmonite e Delfina a sei mesi di colera.
Certo la mortalità infantile era frequente ai quei tempi per le condizioni igieniche e le scarse conoscenze sanitarie, ma in che modo erano assistite le famiglie dei minatori dal punto di vista medico? Forse un medico costava molto, forse c'erano pochi sanitari, forse "l'aria del luogo non era adatta agli italiani", come dissero a Caterina i medici del luogo. Queste parole devono essersi depositate come pietre nel cuore dei genitori, aggiunte a quelle del dolore per la perdita dei piccoli, del dubbio che l'aria facesse male veramente agli italiani, della durissima realtà del lavoro in miniera, del mancato raggiungimento del benessere agognato e forse della forte nostalgia di una verde Carnia.
La città mineraria di Thurber contava nel pieno del suo sviluppo ben 15 miniere di carbone ed una fabbrica di mattoni. 10.000 persone di 18 diverse nazionalità vivevano e lavoravano nella località texana, così Giovanni e Caterina.
Un grande store, il classico saloon, un albergo e una miriade di attività artigianali di contorno al grosso nucleo di minatori.
Nel 1913, appena i soldi per il rientro, il lungo viaggio di ritorno della famiglia ad Amaro.
Per la famiglia dovevano venire tempi ancor più difficili, dopo pochi anni la prima guerra mondiale. Poi nel '28 il forte terremoto in Carnia. Infine per Caterina Tamburlini, che sopravvisse al marito, la seconda guerra mondiale con l'occupazione da parte dei cosacchi.
Se fossero rimasti in Texas, avrebbero conosciuto la fortuna? A soli 4 anni dalla loro partenza, nel 1917, nel Texas orientale a Spindletop sgorga dal suolo "l'oro nero" che porterà ricchezza nella zona.
Ad Amaro Caterina fu soprannominata la "mericane", così come il suo Giovanni.

Consegna

1. Individua sinteticamente cause ed effetti dei movimenti migratori regionali in relazione ai diversi periodi (puoi utilizzare uno schema, una mappa concettuale o elaborare un testo scritto).

2. Proponi a tuo piacimento una tabella che sinteticamente contenga luoghi di partenza e destinazione dell’emigrazione, in base a un periodo o più periodi considerati, indicando le quantità degli emigranti coinvolti ed eventuali percentuali, in relazione sia alla situazione italiana, sia alla situazione regionale.

3. Costruisci una cronologia degli avvenimenti più importanti che riguardano le migrazioni regionali. Ad esempio:
Periodo
Avvenimento
Cinque-Seicento
Notevole migrazione dalla Carnia verso l’area germanica
Settecento
Migrazioni dal Friuli veneto verso Trieste, Istria, paesi imperiali
Ottocento
Migrazioni verso l’Italia del nord (Veneto, Lombardia)
Dopo il 1866 (annessione del Friuli all’Italia)
..........................

4. Leggi la storia della famiglia Toniutti. Che origini aveva? Qual era la loro destinazione di emigranti? Con che mezzo la raggiunsero? Quando partirono? Quali vicissitudini familiari attraversarono i Toniutti nella nuova patria? Quale attività lavorativa svolgevano? Com’era la loro casa? Secondo te erano integrati nel nuovo tessuto sociale? Quando tornarono?

5. Racconta una storia di emigrazione, se ne hai una conoscenza diretta o indiretta.

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