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L’EMIGRAZIONE
IN FRIULI
I migranti italiani
L'emigrazione italiana nell'Ottocento e sino a oltre
la metà del Novecento coinvolse soprattutto i ceti popolari: erano in
prevalenza gli uomini, giovani e adulti, a partire, con uno scarso
coinvolgimento dei nuclei familiari. Donne, anziani e bambini rimanevano
generalmente nelle terre di origine, spesso impegnati ad accudire la piccola
proprietà agricola che non era però in grado di assicurare l'autosufficienza
economica alla famiglia. La partenza di intere famiglie di migranti e i
ricongiungimenti erano spesso determinati dalla scelta di rendere definitiva la
permanenza nei luoghi di destinazione.
La necessità di mano d'opera da destinare ai lavori
agricoli stagionali, alle miniere, ai cantieri edili e all'allargamento delle
reti stradali e ferroviarie delle nazioni in fase di industrializzazione
assorbì una parte notevole dell'emigrazione italiana verso l'estero. Nonostante
molti emigranti italiani trovassero impiego nelle aziende agricole (per
esempio, nel Nuovo Mondo, dove rimanevano ampie zone da mettere a coltura),
l'emigrazione coincise per molti uomini e donne con l'inurbamento e la
trasformazione (spesso radicale) dei tradizionali modi di vita. Emigrare spesso
significava tagliare forti legami familiari e di amicizia e, allo stesso tempo,
investire risorse economiche considerevoli per coprire le spese del viaggio e
della prima sistemazione nel paese di approdo in attesa di un lavoro. I
migranti furono così inseriti - in modo non sempre consapevole - in processi di
rapida modernizzazione dei comportamenti e delle idee che li resero sempre più
distanti (non soltanto geograficamente) da coloro che erano rimasti nei luoghi
di partenza.
Le origini
dell'emigrazione regionale
Le origini dell'emigrazione regionale si fanno
risalire ad un lontano passato. Le prime testimonianze storiche di una
considerevole emigrazione stagionale dalla Carnia verso le aree germaniche
risalgono alla metà del Cinquecento e sono ricorrenti nelle fonti di tutto il
Seicento.
II fenomeno migratorio si estende ad altre parti della
regione ed assume maggiori proporzioni nella seconda metà del Settecento, per
l'effetto concomitante della crisi economica della Repubblica di Venezia e
dello sviluppo dell'Austria teresiana. I flussi si dirigono dal Friuli veneto a
quello austriaco, a Trieste ed all'Istria. Con il passaggio della regione al
dominio austriaco nel 1797 si incrementa l'emigrazione friulana verso i paesi
imperiali. Nella prima metà dell'Ottocento non mancano gli spostamenti di lavoratori
verso altre regioni del Nord Italia, quali Veneto e Lombardia, dove l'industria
comincia a prendere l'avvio.
L'annessione del Friuli all'Italia nel 1866 crea un
nuovo quadro giuridico e statistico, che consente le prime valutazioni
quantitative di un fenomeno che peraltro non è nuovo. Dal punto di vista delle
destinazioni, non si arrestano le correnti dirette verso l'Europa centrale,
mentre si incrementano le partenze verso l'Italia settentrionale e, di qui,
verso l'Europa occidentale. L'emigrazione temporanea prevale ancora su quella
"propria", ma si registrano i primi contingenti di partenze
transoceaniche. Nel 1869 sono concessi nella Provincia di Udine 15.900
passaporti per l'estero, nel 1876 17.871. Secondo le stime del Cosattini, a queste
cifre vanno aggiunti circa 5.000 emigranti verso l'interno. Fino al 1880 1e
partenze rimangono pressoché costanti.
1880-1915: la grande
emigrazione
A partire dal 1880 il numero degli emigranti subisce
un rapido incremento, analogamente a quanto accade a livello nazionale. E'
questo il periodo di massima intensità del fenomeno.
Dai 19.951 passaporti del 1881 si passa ai 39.359 del
1890. Nel 1899 si giunge a 56.241 passaporti. Negli anni 1881-1915 gli espatri
dal Friuli raggiungono e mantengono livelli tali da rappresentare il 10%
dell'emigrazione nazionale: è questo il periodo della grande emigrazione
friulana.
Tra le destinazioni, dal 1890 si afferma la Svizzera,
mentre l'emigrazione transoceanica, che nell'800 rappresentava il 7% circa, va
aumentando nel primo decennio del '900 sino a superare il 20% delle partenze.
Le destinazioni sono in prevalenza Argentina e Brasile, seguite da Stati Uniti
e Canada.
A partire dal 1901 viene istituito il Commissariato
dell'Emigrazione e sorgono enti privati, laici e religiosi, con il fine di
assistere gli emigranti. L'emigrazione di questo periodo è ancora in gran parte
stagionale, riguarda per oltre il 90% i soli uomini, è dettata da motivazioni
di ordine economico e coinvolge prevalentemente le aree montane e, sempre di
più, collinari (distretti di Gemona, Tarcento, S. Daniele, Spilimbergo) della
regione.
Generalmente si pongono in relazione i flussi
migratori con lo sviluppo industriale ed urbano di un'area, e con i fenomeni di
decadenza della attività rurali tradizionali, ma il fenomeno migratorio mal si
presta alle generalizzazioni, perché si caratterizza per fasi e forme molto
diverse, ed è influenzato da molti fattori contingenti, oppure particolari e
specifici. Esso richiede pertanto analisi differenziate nel tempo e nello
spazio.
Tra le due guerre
La prima guerra mondiale comporta dapprima un brusco
arresto, ed in seguito un profondo cambiamento nei flussi migratori, che in
termini numerici negli anni postbellici rimangono più contenuti rispetto
all'anteguerra. Pur ridotta numericamente, l'emigrazione non viene mai meno.
Calano i flussi diretti verso i Paesi europei, ed assume maggior rilievo
percentuale l'emigrazione definitiva verso l'America. I Governi europei ed
americani cominciano ad assumere iniziative di regolamentazione e di
contingentamento dell'immigrazione, ed il fenomeno migratorio a perdere le sue
caratteristiche di spontaneità. Le restrizioni alla concessione dei passaporti
e la crisi economica mondiale del 1929 contribuiscono in seguito a ridurre le
partenze. Nel primo dopoguerra movimenti migratori cospicui interessano anche
la Venezia Giulia e Trieste, in relazione con l'annessione all'Italia e con i
mutamenti politici ed economici conseguenti.
Negli anni Trenta gli espatri si aggirarono in media
sulle 3.000 unità. Pur con un andamento alterno, l'emigrazione subisce un
rallentamento anche nei movimenti verso l'interno. Da segnalare in questo
periodo i trasferimenti di famiglie nelle colonie africane e la ripresa di
espatri verso i paesi germanici, favoriti dall'alleanza italo-tedesca. Molti
lavoratori friulani sono assorbiti dalle grandi opere promosse dal regime:
centinaia di famiglie, provenienti in prevalenza dalla Bassa friulana e dalla
pianura pordenonese, si trasferiscono nell'Agro Pontino, dove parteciparono
all'appoderamento delle aree bonificate e alla costruzione delle nuove città.
Nel periodo interbellico vengono in evidenza tuttavia
le conseguenze della forte emigrazione dei decenni precedenti: la
senilizzazione e la femminilizzazione della popolazione, lo spopolamento
montano. Inoltre, il calo del flusso di rimesse degli emigranti contribuisce
all'impoverimento delle aree svantaggiate della regione.
Un mutamento storico:
1968, l'inversione del saldo migratorio
A partire dalla fine degli anni Sessanta si verifica
un mutamento "storico" nelle vicende dell'emigrazione regionale,
l'inversione di tendenza. Dal 1968 il saldo migratorio diviene attivo: i
rimpatri superano gli espatri, e l'emigrazione si trasforma in un fattore di
crescita della popolazione
Si registra l'esaurimento dell'emigrazione
tradizionale, il cui flusso in uscita subisce una flessione, mentre si mantiene
relativamente costante un contingente di rientri che in termini assoluti supera
il numero dei partenti. Dagli anni Settanta in poi questo fenomeno si è
mantenuto costante, e non si sono più verificati episodi di ripresa
dell'emigrazione, neppure in coincidenza con eventi, quali il terremoto del
1976, che hanno fatto temere l'avvio di nuovi fenomeni di esodo.
L'inversione di segno del saldo migratorio precede di
poco nella nostra Regione l'analogo fenomeno a livello nazionale, ed è posta in
relazione con il "decollo" dello sviluppo economico e della
produzione industriate dell'area regionale, il cui contesto socioeconomico e il
cui mercato del lavoro subiscono in quei decenni profonde trasformazioni.
Fino a tutti gli anni Sessanta, tuttavia,
l'emigrazione è ancora percepita dalla società regionale come un grave e
doloroso problema sociale, umano ed economico, come un fattore di impoverimento
delle risorse umane e di alterazione della distribuzione e della composizione
demografica. Al momento dell'istituzione della Regione Friuli Venezia Giulia,
il primo Programma regionale di sviluppo economico e sociali (1964), include
tra gli obiettivi la rimozione delle cause dell'emigrazione e la sua
conseguente eliminazione.
1970-2005: la politica
regionale per l'emigrazione
Tra le prime in Italia, la Regione Friuli Venezia
Giulia sin dai primi anni Settanta assume iniziative legislative ed un impegno
nei confronti dei propri emigrati costantemente mantenuto anche in seguito. Nel
1969 si tiene la prima Conferenza regionale dell'emigrazione, seguita
dall'adozione di due leggi regionali nel 1970 e nel 1976.
II timore che il terremoto del 1976 provochi una
ripresa dell'emigrazione dalle aree colpite risulta infondato, ed anzi ben
presto ci si rende conto che si è verificato un cambiamento che segna la fine
del fenomeno "storico" dell''emigrazione: l'onda migratoria si è
arrestata.
La Regione prende tempestivo atto dei mutamenti ed
adegua i propri strumenti di intervento. Nel 1979 è convocata la seconda
Conferenza regionale dell'emigrazione, e nel 1980 la Regione promuove
un'importante ricerca di prima mano sui rimpatriati nel decennio precedente,
basata sui dati delle 11.000 famiglie (circa 27.000 persone) alle quali è stato
erogata l'indennità di prima sistemazione prevista dalla legge regionale del
1970, nonché su 1.500 ampie interviste effettuate su un campione di rimpatriati
distribuito in tutta la regione. Ne risulta un quadro che modifica notevolmente
l'immagine tradizionale dell'emigrato e del contesto socioeconomico in cui è
inserito.
Si tratta in prevalenza di persone in età attiva, in
molti casi con un buon livello scolastico e professionale, il cui rimpatrio è
stato generalmente programmato, e che spesso trovano nell'area di origine un
positivo ed adeguato inserimento lavorativo. Nel contempo l'indagine (Mercato
del lavoro e movimenti migratori in Friuli-Venezia Giulia, Udine, 1982) mette
in luce una serie di aspetti problematici presentati dal reinserimento nel
contesto regionale dei nuclei familiari emigrati (aspetti sociali, abitativi,
legati alla scolarità dei figli, alle donne, ai pensionati).
Sempre nel 1980 è approvata la "Riforma degli interventi
regionali in materia di emigrazione", la legge regionale n. 51, che
rappresenta una svolta importante ed un esempio seguito poi anche da altre
Regioni. Alla precedente impostazione assistenziale viene sostituita
l'individuazione di due obiettivi molto precisi: da una parte il sostegno
sociale ed economico volto al reinserimento di coloro che rientrano in patria,
dall'altra il mantenimento dei legami culturali can gli emigrati all'estero,
nei Paesi di accoglimento. Lo strumento è rappresentato da un
"pacchetto" di progetti specifici (casa, scuola, lavoro per i primi,
iniziative informative, culturali, sostegno all'associazionismo per i secondi)
da aggiornare ed adeguare continuamente, attraverso una programmazione annuale.
Questa legge, applicata per oltre due decenni, fino a tutto l'anno 2002, si è
rivelata lungimirante ed ha dato notevoli risultati.
Nel 2002 è infine approvata la legge regionale n. 7,
"Nuove norme in materia di corregionali all'estero e di rimpatriati",
entrata in vigore il 1° gennaio 2003, che innova gli interventi regionali e
nello stesso tempo conferma l'impegno in questo settore, ampliando in
particolare la visione dei corregionali all'estero, che da semplici destinatari
di interventi informativi e culturali divengono anche protagonisti della
promozione della regione nei paesi in cui vivono.
La nuova legge riconosce così l'avvenuta
stabilizzazione delle comunità dei corregionali nei paesi di residenza, e si
prefigge di valorizzare il ruolo di tramite che esse possono svolgere tra i
loro paesi e la terra d'origine.
Le dinamiche di flusso, come risultano dai dati delle
iscrizioni e dalle cancellazioni anagrafiche da e per l'estero presso i Comuni
della regione, negli ultimi tre decenni si sono infatti ridotte
quantitativamente. Permane un fenomeno di rientri legati all'emigrazione del
passato, soggetto ad un andamento piuttosto costante, anche se a tratti
influenzato da fattori esterni, quali situazioni di crisi economica nei Paesi
di destinazione. Questi rientri, volontari o forzati, non si sono mai esauriti
e continuano tuttora al ritmo di alcune migliaia all'anno, alimentati dalle
dimensioni delle comunità di corregionali in varie aree europee ed
extraeuropee.
Essi rappresentano una componente attiva del saldo
complessivo della popolazione, del quale contribuiscono ad attenuare i valori
negativi. Se generalmente appaiono ben "assorbiti" dalla società
regionale, non si deve tuttavia incorrere nell'errore di considerare
insignificante il problema del reinserimento dei rimpatriati, che presenta
sempre una serie di risvolti sociali ed economici che necessitano di specifici
interventi (un esempio per tutti: i corsi di sostegno per i figli dei
rimpatriati, unico strumento di intervento concreto verso il disagio scolastico
di chi proviene dall'estero).
Il flusso dei rimpatri appare dunque attualmente
caratterizzato da una certa stabilità, e rappresenta per la regione un fenomeno
positivo dal punto di vista demografico. Tuttavia non si deve sottovalutare la
possibilità che situazioni di crisi economica e sociale nei paesi esteri
inducano nuovi flussi di rimpatri "forzati", indotti cioè dalla
perdita del posto di lavoro o da necessità economiche.
Nel 2002 la grave crisi che ha colpito l'Argentina ha
infatti prodotto in quel paese un improvviso incremento delle richieste di
riacquisto della cittadinanza italiana da parte dei discendenti degli emigrati
italiani. Nello stesso periodo in Friuli Venezia Giulia si è registrato un
considerevole aumento delle domande di assistenza economica e di sostegno
scolastico da parte di singole persone o di famiglie rimpatriate dall'Argentina
in condizioni di disagio e di difficoltà. E' quindi necessario che la Regione
disponga in ogni momento di strumenti di intervento atti a fronteggiare, con la
collaborazione dei Comuni, anche possibili situazioni di emergenza.
Storia della famiglia Toniutti
3 giugno 1903:
il bastimento The Kronprinz Wilhwelm, partito da Brema, attracca al porto di
New York col suo carico di uomini e speranze, valige di cartone, sacchi di canapa,
fardelli. L'aria fresca s'insinua nelle stive svuotate e fra i ponti fino ad
allora stracolmi di uomini e donne.
Scendono sulla banchina affollata di Ellis Island
uomini e donne partiti dall'Europa verso l'"Eldorado", italiani,
sloveni, ungheresi, polacchi, piccole storie di gente che affida la propria
dignità all'enorme figura della Statua della Libertà, pochi soldi in tasca, un
po’ di farina portata da casa, fazzoletti e gonne lunghe, scure, gli occhi
scavati dal lungo viaggio.
Riscattarsi dallo spettro della fame, lavorare,
soprattutto lavorare. In questo immenso continente ci sarà posto anche per
loro. Fra la folla due carnici, di Amaro, Giovanni e Caterina Toniutti, diretti
in Texas.
Non possiamo conoscere il motivo che li ha spinti
verso questo luogo, perché proprio nel cuore di questo grande Paese, e non le
consuete mete migratorie di Argentina, Germania, Svizzera?
I Toniutti hanno lasciato la Carnia, forse richiamati
da qualche conoscente oppure venuti in possesso di informazioni su Thurber, cittadina
di miniere, nel cuore del Texas.
Caterina ha 26 anni, come risulta dalla lista
passeggeri del 3 giugno 1903, quindi giovane sposa in procinto di metter su
famiglia, ed ha lasciato con Giovanni trentatreenne il paese, Amaro, il primo
entrando in Carnia, dove ormai era difficile andare avanti, e per due giovani
sposi ancora di più.
Damâr a l'è ce tant lontan. Dopo le lunghe settimane sull'oceano sono ormai
lontani dagli occhi la piazzetta del paese, con l'abbeveratoio e la fontana
dove l'acqua si raccoglieva ogni giorno coi cjaldîrs nella grande vasca
monolitica di pietra.
Sono lontani dagli occhi il monte San Simeone e la
Pieve di Cesclans, proprio di fronte ad Amaro, al di là del fiume, e il sole
che tramonta dietro la valle di Verzegnis. E' ancor più lontano, ormai vinto
dal salmastro, il profumo del fieno che in questi giorni di giugno verrà
tagliato, sui declivi alle spalle del paese e su coi rampons fin sot la mont,
l'Amariana.
Ma il futuro ha un richiamo forte, quello della
speranza e Giovanni con Caterina si avviano fiduciosi verso la terra che
raggiungeranno dopo un viaggio di oltre un mese, fra bastimento e treno, e che
purtroppo non sarà molto generosa con loro.
A quasi cento anni da quel lontano giugno 1903, Mauro,
un pronipote dei Toniutti, va per la seconda volta alla scoperta dei luoghi
dove sono "passati" i suoi bisnonni. Torna in Texas due mesi fa
spinto dal desiderio di ritrovare traccia di due figli di Caterina e Giovanni,
Delfina e Ribello nati e sepolti in quella terra. Mauro fa alcune ricerche e
trova un valido aiuto in Leo Bielinski, colonnello dell’aeronautica militare
americana in pensione, "custode" della memoria di Thurber e curatore
del sito www.thurbertexas.com
.
Anche Bielinski è figlio di emigranti di origine
polacca arrivati lì per lavorare nelle miniere, ed aiuterà Mauro con la sua
documentazione a conoscere com'era Thurber e a ritrovare su una grande lapide,
i nomi di Delfina e Ribello, morti nel 1908.
Baracche
in legno e case in mattoni allineate in file regolari, in una di queste cresce
la famiglia Toniutti: nascono cinque figli: Desiderio, primogenito e nonno di
Mauro, Isolina nel 1905, Veglia nel 1908, per gli ultimi due un triste destino,
Ribello a undici mesi muore di polmonite e Delfina a sei mesi di colera.
Certo
la mortalità infantile era frequente ai quei tempi per le condizioni igieniche
e le scarse conoscenze sanitarie, ma in che modo erano assistite le famiglie
dei minatori dal punto di vista medico? Forse un medico costava molto, forse
c'erano pochi sanitari, forse "l'aria del luogo non era adatta agli
italiani", come dissero a Caterina i medici del luogo. Queste parole
devono essersi depositate come pietre nel cuore dei genitori, aggiunte a quelle
del dolore per la perdita dei piccoli, del dubbio che l'aria facesse male
veramente agli italiani, della durissima realtà del lavoro in miniera, del
mancato raggiungimento del benessere agognato e forse della forte nostalgia di
una verde Carnia.
La
città mineraria di Thurber contava nel pieno del suo sviluppo ben 15 miniere di
carbone ed una fabbrica di mattoni. 10.000 persone di 18 diverse nazionalità
vivevano e lavoravano nella località texana, così Giovanni e Caterina.
Un
grande store, il classico saloon, un albergo e una miriade di
attività artigianali di contorno al grosso nucleo di minatori.
Nel
1913, appena i soldi per il rientro, il lungo viaggio di ritorno della famiglia
ad Amaro.
Per
la famiglia dovevano venire tempi ancor più difficili, dopo pochi anni la prima
guerra mondiale. Poi nel '28 il forte terremoto in Carnia. Infine per Caterina
Tamburlini, che sopravvisse al marito, la seconda guerra mondiale con
l'occupazione da parte dei cosacchi.
Se
fossero rimasti in Texas, avrebbero conosciuto la fortuna? A soli 4 anni dalla
loro partenza, nel 1917, nel Texas orientale a Spindletop sgorga dal suolo
"l'oro nero" che porterà ricchezza nella zona.
Ad Amaro Caterina fu
soprannominata la "mericane", così come il suo Giovanni.
Consegna
1. Individua sinteticamente
cause ed effetti dei movimenti migratori regionali in relazione ai diversi
periodi (puoi utilizzare uno schema, una mappa concettuale o elaborare un testo
scritto).
2.
Proponi a tuo piacimento una tabella che sinteticamente contenga luoghi di
partenza e destinazione dell’emigrazione, in base a un periodo o più periodi
considerati, indicando le quantità degli emigranti coinvolti ed eventuali
percentuali, in relazione sia alla situazione italiana, sia alla situazione
regionale.
3.
Costruisci una cronologia degli avvenimenti più importanti che riguardano le
migrazioni regionali. Ad esempio:
Periodo
|
Avvenimento
|
Cinque-Seicento
|
Notevole
migrazione dalla Carnia verso l’area germanica
|
Settecento
|
Migrazioni dal
Friuli veneto verso Trieste, Istria, paesi imperiali
|
Ottocento
|
Migrazioni
verso l’Italia del nord (Veneto, Lombardia)
|
Dopo il 1866
(annessione del Friuli all’Italia)
|
..........................
|
4.
Leggi la storia della famiglia Toniutti. Che origini aveva? Qual era la loro
destinazione di emigranti? Con che mezzo la raggiunsero? Quando partirono?
Quali vicissitudini familiari attraversarono i Toniutti nella nuova patria?
Quale attività lavorativa svolgevano? Com’era la loro casa? Secondo te erano
integrati nel nuovo tessuto sociale? Quando tornarono?
5.
Racconta una storia di emigrazione, se ne hai una conoscenza diretta o
indiretta.
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