mercoledì 29 maggio 2013

IL TRENO HA FISCHIATO...di Pirandello








DAL CONTESTO AL TESTO
IL TRENO HA FISCHIATO...

Il 22 febbraio 1914 Luigi Pirandello pubblica la novella "Il treno ha fischiato..." sul Corriere della sera. Nel 1915 la ripubblica nella raccolta "La trappola". Nel 1922 la inserisce nella raccolta "Novelle per un anno".
Il tema dominante della novella è la solitudine e l’incomunicabilità dell’essere umano, come esito di un processo particolare, squisitamente pirandelliano, che è quello di “vedersi vivere”.
Il protagonista è un povero impiegato, un tale di nome Belluca, sottoposto alle pressioni sia nell'ambito familiare che lavorativo. A casa, infatti è succubo delle numerose donne che la affollano, mentre al lavoro subisce i soprusi e le angherie del capoufficio e dei colleghi, in quanto gli danno da svolgere sempre delle attività straordinarie, o che non rientrano nella sue mansioni.
Una notte a casa, invece di addormentarsi subito, perché affaticato dalle lunghe ore di lavoro passate in ufficio e dal lavoro portato a casa, rimane lì sul suo divano a contemplare. E’ allora, dopo aver sentito il fischio di un treno, che comincia il suo viaggio - attraverso la fantasia - in un’altra vita, che esisteva o avrebbe potuto esistere al di là della sua, fatta solo di sacrifici. Inizia così la sua ribellione alle angherie del capoufficio e alla vita misera che conduce e l’improvvisa reazione lo conduce fuori dagli schemi, che gli sono imposti dalla società piccolo borghese a cui appartiene.
Ma gli altri non comprendono il suo repentino cambiamento, e l’anelito alla libertà, che conduce il Belluca ad esplorare nuovi mondi, viene invece scambiato per pazzia. Così i suoi colleghi, ritenendolo pazzo, lo fanno rinchiudere direttamente all'ospizio.
Il personaggio che all'interno del racconto ha il ruolo del narratore è un vicino di casa di Belluca che gli fa visita dopo il ricovero all'ospizio. La sua partecipazione alla vita del protagonista si limita a questo: appare infatti come un testimone esterno agli avvenimenti, ma non sentimentalmente estraneo. Attraverso le sue parole e la sua guida il lettore capisce e interpreta la vicenda, cogliendone le motivazioni profonde e, più ancora, la sente e la soffre insieme a lui ("E il mio silenzio era pieno di dolore..").
Questo narratore-testimone fornisce una spiegazione logica e razionale ("una coda naturalissima") alla presunta pazzia del collega ed amico e tale giudizio, riferito alla voce narrante, rappresenta il giudizio dello stesso di Pirandello.
Il fischio del treno costituisce per Belluca una valvola di sfogo che gli fa esplorare con la mente città dove realmente è stato, città dove non è stato, ma anche luoghi che non esistono. Tutto questo senso di libertà si contrappone, quindi, al senso di chiuso delle mura della casa e dell'ufficio. Belluca da inetto impazzito si riscatta in eroe della conoscenza.
A differenza degli altri personaggi pirandelliani, egli non cerca di crearsi un'altra vita (Mattia Pascal in Il fu Mattia Pascal) o vive in uno stato di ribellione continua contro tutte le regole della società (Moscarda in Uno, nessuno o centomila), ma ritorna semplicemente a condurre la sua vita nello stesso modo di prima, solo che ogni tanto si concede qualche viaggio con la mente.
Ma come dice Moscarda “Quando uno vive, vive e non si vede. Conoscersi è morire”. E Belluca si è “visto vivere”. E’ una condizione liberatoria, ma nel contempo dolorosa, perché rappresenta un punto di non ritorno.
Da un lato, il fischio del treno costituisce, infatti, lo squarcio mentale, in seguito al quale Belluca assume piena dignità di individuo consapevole, ponendosi in un rapporto nuovo con gli individui e col mondo.
Dall’altro, però, quella stessa consapevolezza si traduce in incomprensione, incomunicabilità, solitudine, a cui comunque è condannato per il resto della sua esistenza, perché non può condividere con gli altri la sua nuova visione della vita, se non al prezzo di essere tacciato di pazzia.


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