giovedì 2 maggio 2013

ADOLESCENTI CON DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

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ADOLESCENTI CON DSA

È un dato di fatto che, nonostante le iniziative del MIUR, molti ragazzi con DSA giungono
alla scuola secondaria o all’università senza aver mai ricevuto una diagnosi.
Ciò non significa che il disturbo sia scomparso: in forme diverse, con compensazioni più o meno
efficaci la difficoltà infatti è sempre presente. A questo punto del percorso scolastico le richieste sono ben
superiori e si dà per scontato l’utilizzo automatico delle abilità strumentali di base come leggere, scrivere, fare calcoli, prendere appunti, elaborare dei testi.

A ciò si aggiunga che nella scuola superiore la conoscenza del disturbo è più carente che nella scuola primaria, poiché la formazione sul tema si rivolge più di frequente ai docenti della scuola primaria o secondaria di primo grado. L’opera di sensibilizzazione, anche al livello di opinione pubblica, ha sicuramente reso tutti i docenti più consapevoli del problema, ma siamo ancora lontani dal grado di preparazione dei docenti dei Paesi che consente loro di individuare a colpo sicuro la maggior parte degli studenti dislessici (non è raro, per esempio, che studenti italiani in corso di vacanze studio in Inghilterra vengano scoperti come dislessici in seguito all’indicazione di docenti inglesi).
Ma l’individuazione di un soggetto con DSA si può effettuare con certezza solo attraverso una diagnosi. In Italia non è semplice ottenerla quando ci riferiamo a soggetti adolescenti:
infatti i servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza non possono occuparsi di persone di età superiore ai 18 anni, e tendono spesso a non prendere in carico anche ragazzi dai 14 anni in poi. Ma il problema più serio è la mancanza di strumenti adeguati per la diagnosi.
Infatti la dislessia nell’adulto, come in età infantile, richiede la dimostrazione oggettiva di un deficit della lettura in termini di rapidità e/o di accuratezza; pertanto è necessario confrontare le prestazioni del soggetto in esame con dei valori normativi forniti da un campione di soggetti normali della stessa età e
scolarità. I test disponibili si fermano generalmente alla scuola secondaria di 1° grado. Solo recentemente sono stati pubblicati dati fino al terzo anno della scuola secondaria di secondo grado.
Risulta da varie ricerche (Stella, 2008) che la rapidità di lettura continua a migliorare anche oltre i 16 anni, fino almeno agli anni dell’università, per cui è evidente che utilizzare i valori normativi derivati da un campione di riferimento di età inferiore espone al rischio di errori diagnostici in difetto.
Il problema riguarda in maniera anche più acuta gli studenti degli ultimi anni della scuola secondaria. Infatti la normativa sui DSA permette alle persone con DSA di accedere a facilitazioni didattiche e di valutazione (strumenti compensativi e misure dispensative) particolarmente importanti agli esami di Stato. Sono
quindi molto frequenti le richieste di diagnosi in questi studenti, in particolare nei mesi precedenti l’esame, in cui emerge il dubbio (a lungo misconosciuto o celato) di un DSA, la cui oggettiva dimostrazione fa accedere a un diritto.
La disponibilità di centri per la diagnosi è pertanto uno dei problemi più sentiti in questo momento, non solo nell’età evolutiva (in cui le risorse, pur presenti, sono distribuite in maniera diseguale sul territorio e con una notevole variabilità nel livello di qualità).
La comprensione del problema e la sua gestione livello didattico e valutativo è ostacolata anche dalla qualità assai diseguale dei documenti diagnostici. In effetti tuttora tali relazioni sono estremamente eterogenee come struttura, contenuti, linguaggio; a volte si riducono a poche righe in cui viene emessa la diagnosi, talvolta con una terminologia disomogenea e poco comprensibile per chi non è del mestiere; abbastanza raramente, se non in forma molto generica, sono contenute informazioni riguardo alle strategie didattiche consigliate, o agli strumenti compensativi indicati nel caso specifico. Su questo tema sono in atto notevoli progressi
dato che la Consensus Conference sui DSA ha prodotto una serie di raccomandazioni per la pratica clinica che, se applicate rigorosamente, forniscono le garanzie di una diagnosi adeguata e una base comune più facilmente comprensibile per i non addetti; ulteriori documenti del gruppo di lavoro della Consensus Conference forniranno anche indicazione precise sulla stesura del referto e su quanto deve essere in esso contenuto e sul tipo di linguaggio da utilizzare.
La scuola dovrebbe comunque avere un minimo di informazioni specifiche che permettano di comprendere i documenti diagnostici per utilizzarli anche per la scelta degli strumenti compensativi e dispensativi
e per una programmazione didattica personalizzata. Saper leggere le diagnosi (e far sì che le diagnosi siano leggibili) sono elementi importanti nel percorso virtuoso di gestione dei DSA a scuola, soprattutto se si considera che i rapporti fra la scuola e gli operatori sanitari che hanno emesso la diagnosi sono spesso assai limitati. La possibilità di un colloquio più proficuo e organico fra mondo della scuola e servizi sanitari è essenziale per migliorare in futuro la gestione dei DSA, e ciò si potrà ottenere mediante una parallela
evoluzione culturale sul tema.


Enrico Ghidoni, Damiano Angelini, La dislessia negli adolescenti e negli adulti, in Annali della pubblica istruzione, Rivista bimestrale del ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, 2/2010

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